Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincie di Arezzo - Grosseto - Siena', Gustavo Strafforello

   

Pagina (181/249)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (181/249)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Arezzo - Grosseto - Siena
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1895, pagine 212

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Siena
   \ 177
   Pandolfo seppe difendere la propria vita e la libertà di Siena contro Cesare Borgia, il papa e la Francia. Ma i Petrucci non erano alla pari dei Medici e Carlo V non era quel debole Carlo IV che abbiam veduto. Tuttavia anche Carlo V non venne facilmente a capo di Siena: si introdusse con autorità mal definita Don Diego di Mendozza, ma quando questi volle erigere una cittadella per consolidarsi il dominio, venne cacciato; una successiva spedizione di Don Garzia di Toledo andò pure a vuoto.
   L'astuto Cosimo I de' Medici, che voleva Siena ad ogni costo, s'indettò, per mezzo del suo lido segretario Concino, con Carlo V, e il feroce marchese di Marignano andò a porre l'assedio a Siena, la quale, difesa da Piero Strozzi, dai Francesi condotti da Marine e dal popolo valorosissimo, oppose per quindici mesi strenua resistenza, cui presero parte egregiamente anche le donne che ne furono celebrate dal Bantome. Dopo la sconfitta dello Strozzi a Marciano la sorte di Siena era virtualmente già decisa; il 17 aprile del 1555 fu firmata la capitolazione e Angiolo Nicolini, luogotenente di Cosimo I, alla testa di 2000 fra Tedeschi e Spaglinoli, prese possesso della città i cui abitanti da 40,000 erano scemati a 0000.
   Tal fu in succinto la fine della Repubblica di Siena: non vi mancò la gloria di una eroica costanza, mentre i rivolgimenti continui di Siena nei secoli precedenti giustificavano il giudizio di Dante che chiamò i Senesi gente vana. Il 4 agosto del 1559 e nei giorni successivi l'ambasciatore spagnuolo di Filippo II, figlio e successore di Carlo V al trono di Spagna, diede formalmente il governo di Siena in mano al rappresentante di Cosimo I, dopo sette anni di maneggi diplomatici e di una guerra accanita, la Guerra di Siena, che desolò la Toscana. Tutto lo Stato senese, meno i presidi! di Orbetello, cadde in potere del duca Cosimo I, il quale potè sgravarsi dopo ciò del peso di alcune truppe che furono da lui licenziate ; ed egli potò d'allora in poi accoppiare il doppio titolo di duca di Firenze e di Siena finché l'unione dello Stato nuovo (Senese) allo Stato vecchio (Pisano e Fiorentino) gli procacciò da Pio V, nel 1509, la corona granducale.
   Che si ripromettesse l'astuto ed avido Cosimo I dall'acquisto di Siena puossi arguire dal brano seguente di un abboccamento ch'ebbe con esso lui Vincenzo Fedeli, incaricato della Repubblica di Venezia presso il Duca :
   < Da quello Stato di Siena — gli disse Cosimo — io cavo per ora poco per l'esenzione fattagli per la guerra; ma penso ridurli a buon termine. Ora cavo poco più di cento mila scudi oltre la spesa; e questo danaro si cava solamente dai pascoli, dal sale e dai dazii; i quali dazii io spero che si ridurranno presto molto maggiori; perchè torneranno li traffichi e moltiplicheranno le genti e così aneleranno crescendo ogni dì più, talché l'entrata libera e netta di spese è di 00.000 ducati, la milizia descritta è di 7000, ecc. » (Fedeli, Relazione tiis. nella Magliabeehiana).
   Nel 1501, visitando Cosimo la città, ordinò all'architetto Lanci Baldassarre la erezione di una fortezza poco lungi dal luogo ove gli Spagnuoli ne avevano eretta un'altra nel 1548; fortezza ridotta poi saviamente dal granduca Leopoldo I a pubblico passeggio, ampliando quello già delizioso della Lizza. La città di Siena meritamente ne perpetuò la memoria coli'iscrizione seguente:
   ARCEM A COSIMO .MEDICEO AD IMPEDII SEOU1UTATEM FONDATAM ANNO MDLXI PETRUS LEOPOLDUS AUSTRIACI'® SPECTATA SEXEN31UM FIDE AD DEL1C1AS VERTiT ANNO MDCCCXXVIII
   73 — V*a Patria, voi. Ili, parte 2*.