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l'arte Terza — Italia Centrale
gran seggio su cui doveva seder palma dell'alto Arrigo il re Roberto di Napoli compose tuia lega guelfa delle città toscane e i Fiorentini, di cui riuscì a metter d'accordo i grandi e i popolani, gli conferirono persino, nel 1313, la Signoria, che il re fece amministrare sino al 1321 da un vicario.
Nel 1326, quando Firenze fu posta a dure strette dal capo ghibellino Castruccio Castracani, prese la signoria il figliuolo stesso del re, Carlo di Calabria, il (juale giunse con 1000 cavalieri e tentò rovesciare per sempre il governo popolare. Dopo la morte dì Carlo (9 novembre 1328) Firenze si sbarazzò della signoria straniera. Fu istituito un Consiglio popolare di 300 membri e un Consiglio municipale di 250 nobili e borghesi eletti per quattro mesi; e l'elezione dei priori fu affidata ad uu corpo elettorale composto degli antichi' priori, capitani, gonfalonieri, capi-sestieri e consoli delle arti ordinamento che diede lunga pace alla città e l'abilitò a sviluppare la sua potenza in Toscana; Pistoia, nel 1332, e Massa, nel 1333, passarono sotto il suo protettorato.
Nella lotta per Lucca, che i Pisani assediavano e i Fiorentini volevano comprare, questi ultimi affidarono, dopo la presa di Lucca pei Pisani, il comando supremo a Gualtiero di Brienne, conte di Lecce e duca d'Atene, avventuriere francese di nobil sangue, congiunto ai D'Angiò, il quale, nella speranza popolare di nuove vittorie, fu eletto conservatore e in seguito capitano. 1 grandi, malcontenti del dominio popola*, unironsi a lui per rovesciarlo e lo incitarono ad impadronirsi del potere assoluto, cli'ei chiese alla Signoria, la quale ebbe il coraggio di negarglielo.
Ma F8 settembre del 131-2 il duca d'Atene ottenne il potere sua vita durante per acclamazione popolare, prese possesso del palazzo della Signoria, strappò le bandiere, assegnò un altro edifizio per le adunanze, tolse i vessilli ai gonfalonieri e crebbe i balzelli. Fi non chiamò però a far parte del governo l'aristocrazia; si appoggiò sui suoi soldati e accarezzò la plebe. Fra un principe altiero ed esigente sottomissione; come francese diede ai Francesi gli impieghi più lucrosi ed infrancesò Firenze nei costumi e nelle mode.
La ricchezza della città frattanto era andata crescendo del continuo. Narra Giovanili Villani ( Cron.,T\, 91) clic le entrate del Comune di Firenze montavano in quel tempo (1388) da treceido mila fiorini d'oro l'anno talora più e talora meno, secondo i tempi e non ne ha più il re Roberto d'entrala ; e le vien via via diuuinerando. Ma egli si lagna delle sforzate gabelle per le imprese guerresche.
La città annoverava allora 90,000 abitanti; 9000 fanciulli sapevano leggere e 1200 imparavano nelle scuole a far di conto; gli ospedali contenevano più di 10(1) letti
Le case degli artieri e dei nobili avevano ancora alcunché del borghese, che si conservò anche in parte nelle costruzioni posteriori ; dì siffatte case iu stile antico se ne vedono in borgo Santi Apostoli, vìa delle Terme, Mercato Nuovo, ria de' Cerchi, via Condotta, via dei Neri, vìa dei E usti ci, piazza Pernzzi, piazza Santa Trinità, ecc. Il materiale da costruzione, (letto pietra serena, traevasi dalle cave di Fiesole e dalla Gonfolina sull'Arno inferiore. Fstraevasi anche pietra decorativa da Prato, Carrara, ecc.
11 6 luglio 1343 i Fiorentini insorsero contro il duca di Atene. L'insurrezione incominciò allo scoccar della nona; il duca aveva posto il palazzo in stato di difesa con 300 cavalieri sulla piazza. Indarno fece inalberare la bandiera del popolo; ei fu circuito e da ogni parte gli fu preclusa 1 uscita di palazzo.
Il popolo allora elesse in Santa Reparata quattordici cittadini (sette grandi e sette popolani), ai quali, in un col vescovo, fu affidata la riforma della costituzione; ad essi furono aggiunti sei membri con potere interinale di podestà. Con questo Comitato il duca d'Atene strinse un patto che gli accordava libera uscita da Firenze previa rinuncia del potere sovrano (1). Il giorno della liberazione divenne una festa nazionale ; e
(1) Vedi la stupenda narrazione M Duca d'Atene di Nicolò Tommaseo. Parigi 1837.