Firenze — Cenni storici
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Egli aveva sposato Gemma ili Manetto della stirpe, guelfa in sommo grado, dei Donati Ma a breve andare in quelle tiere discordie civili gli si affacciò un nuovo ideale: l'imperatore romano restauratore dell'ordine sociale e politico e mallevadore della libertà. La monarchia, a parer suo, indispensabile alla salvezza del mondo. Il suo imperatore ideale doveva essere un giusto e filantropico giudice supremo, erede del dominio mondiale romano per diritto di natura e volontà di Dio. Quest'ideale ghibellino informò quiudinnanzi la sua vita e il suo poetare.
N'eii'aimc giubilare 1300, quando Dante, il ghibellino, ideò la sua Divina Commedia e Giovanni V iilani, il guelfo, reduce da Roma cominciò a scrivere, in istile semplice e schietto, la sua Cronaca o storia di Firenze sua patria, le passioni di parte erano così scatenate che i priori delle arti, fra cui si trovava anche Dante, decretarono il bando dalla città di alcuni capi parte dei Bianchi e dei Neri. Ad uno dei Bianchi, Guido Cavalcanti, che aveva chiesto, per malattia pericolosa, il rimpatrio, gli fu accordato. Di ciò gli avversari andarono in furia, rivolta principalmente contro l'Allighieri, amico del Cavalcanti.
Bonifacio Vili, per istigazione dei Neri, aveva eletto qual principe pacificatore della Toscana, ch'ci doveva torcere alla Chiesa, Carlo dì Valois (fratello di Filippo IV di Francia), il (piale era sceso dalie Alpi qual nuovo campione papale. Indarno Dante si recò, a capo di un'ambasciata dei Bianchi, a Roma dal papa, pregandolo d'impedire la intromissione straniera nelle faccende interne di Firenze. Carlo di Valois, dopo d'aver, ben è vero, giurato di astenersi da ogni violazione della Costituzione, fece il suo ingresso 111 Firenze il 4 novembre 1301. Al guelfo Corso Donati ed ai suoi compagni fu aperta nottetempo la porta della città; ì Bianchi furono trattati con la massima violenza ; stato e città caddero in balìa dei Guelfi e Dante, giudicato da un tribunale guelfo, fu espulso da Firenze. Nel xvu del Paradiso ei si fa dire da Beatrice:
Qual si parti Ipolito d'Atene
Per la spietata e perfida noverca Tal di Fiorenza parlir ti conviene. Questo si vuole e questo già si cerca; E tosto verrà fatto a chi ciò pensa Là, dove Cristo lutto di si merca.
La colpa seguirà la parte offensa In grido, coinè suol: ma la vendetta Fin testimonio al ver, che la dispensa. Tu lascerai ogni cosa diletta
Più caramente: e questo è quello strale Che l'arco dell'esilio pria saetta. Tu proverai si come sa di sale Lo pane altrui e come è duro calle Lo scendere e '1 salir per l'alti ui scale.
Dante non ripose più piede in Firenze: andò errando sbandito e compì a Ravenna, ove mori e dove venera usi ancor le sue ossa,
il poema sacro, Al quale han posto man e Cielo e Terra.
Le passioni civili in Firenzi» non furono, per così dire, che il rovescio dell'agitata sua vita intima.
Arte e letteratura si schiusero allora nuove vie, ed una serie di stupende costruzioni iiicoininciòa vieppiù abbellire la città. Il nuovo palazzo dcllaSir/noria, la nuova cattedrale Santa .Maria del Fiore, le. grandi chiese di Santa Croce e di Santo Spirito, il superbo mercato granario Orsanmh-helf l'ospedale Santa Maria Nuova furono tutti incominciati al tempo di Dante. Nel 13114 però uu incendio, appiccato da ser Neri Abati, priore dì San Piero Schei-aggio, in una zuffa accanita fra nobili e popolani, distrusse, dicesi, più di 1700 case e molti monumenti.
Corso Donati, autore (L'Ila cacciata di Dante, tentò insignorirsi di Firenze, ma ne fu cacciato ed ucciso nella fn«n. Nella gita a Roma dell'imperatore Arrigo VII - su cui Dante fondava le sui; speranze, sì che Beatrice nel xxx del Paradiso gli niobtrò il