Firenze
1-175
Anfiteatro, piazza con sedili e in mezzo un obelisco egizio che rimase sino al 1190 nella villa Medici in Roma, con dinanzi una vasca granitica. Entrando nel braccio destro dell'anfiteatro, stupenda veduta degli edilìzi monumentali di Firenze.
All'estremila sinistra dell'anfiteatro, la rampa o sdrucciolo con cinque scalini conduce a tre statue e salendo a sinistra della sinistra di esse si arriva, per 15 scalini, al cosidetto Caffè o £,'
Sopra l'anfiteatro. Fontana del Nettuno con la statua di Settimo, di Stoldo Lorenzi (1505). Ancor più in alto, statua della Damma, di Gian Bologna, scolpila come Giovanna d'Austria per la piazza San Marco e trasformata dal Tacca e dal Salvini.
Vassi quindi a destra, fra un vigneto, al Pmto dell'Uccellare, piazzone alberato con bella veduta della città e delle colline a sud e est.
Al principio del viale di cipressi clic scende alla \asca dell'Isolotto veggonsi due statue di gladiatori di cui una composta in parte di pezzi antichi e l'altra di Domenico Pieratti.
Più al basso un Esculapio in atto di risuscitare il fanciullo Ippolito, di Giovanni Caceini, del quale sono anche le prossime statue; il Giuoco della ì'entolaceia, di Battista Capezzuoli e quello detto del Snccomazzone, modellato in parte da Orazio Moclsi ed ultimato da Romolo Ferrucci detto del Tadda, il quale scolpi anche i due leoni.
Alla sinistra di codesto viale sorgono, in fondo ad un altro, Adamo ed Eva, di Michelangelo [Vacca ri ni; e nel Giardino degli Ananassi la statua della Clemenza, di Baccio Bandinelli.
La vasca detta dell'/so/ol/o ha in giro alcuni amorini di Cosimo Balestrili! e di Domenico Pie-ratti e in mezzo all'acqua un Perseo che credesi di Gian Bologna ed an Andromeda della sua scuola. Allo stesso Gian Bologna attribuisconsi le statue della fontana nell'Isolotto : di questo 1 architettura decorativa fu posteriormente immagi-naia da Alfonso Parigi.
La statua di Vulcano è del Fancelli e di Gherardo Silvani quella del Tempo. Valerio Gioii scolpì il villano che vuota il barile e l'altro che sta vangando e cominciò il gruppo di quello che vuota una bigoncia con dinanzi un fanciullo, gruppo ultimato in seguito da Simone Gioii. Di Valerio Cioli e anche la statua del gobbo detto Monjante.
Sulla salita iu faccia alla Meridiana i! David con iu mano la fionda e di Lodovico Salvetti; \'Apollo, di Domenico Poggesi, e il Petjaseo, di Aristodemo Costoli,
Giova però avvertire che la massima parte delle statue suddette nel giardino sono affatto sprovviste di qualunque pregio artistico.
Goethe, al suo ritorno da l'orna, piaceasi andare a diporto nel giardino di l'oboli e vi compose intiere scene del suo Torquato Tasso.
Palazzo ilei Podestà o Bargello (fig. 61). — Mancano i documenti attestanti chi ne fosse architetto. Secondo il Vasari, sarebbe stato costruito da Lapo tedesco, maestro di Arnolfo e nel Necrologio d\ S. Maria Novella leggesi a chiare note che vi innalzarono alcune grandi vòlte i due rinomati architetti domenicani, Fra Sisto e Fra Ristoro. Nel 1266 vi si installò il Podestà, magistrato forestiero con giurisdizione civile e criminale.
L ira delle fazioni fece spesso teatro di drammi sanguinosi le vicinanze del palazzo ; e più d'una volta i magistrati doverono difendere dietro le mura di esso la propria vita. I danni sofferti da onesto edilizio dalle non infrequenti sollevazioni di popolo, e la poca sicurezza che presentava ai magistrati ivi alloggiati fecero sì clic il comune ordinasse la fortificazione del medesimo, alla quale si die mano nell'anno 1311. E siffatti lavori sembra che fossero di non lieve importanza, perchè nel 1319 si alloggiava nelle case ne' Cerchi il vicario del re di Napoli non potendosi assegnargli per dimora il palazzo ove tuttavia continuavano i lavori : questi dovevano essere sostanzialmente compiuti nel 1320, dacché in quell'anno vi prese stanza il duca di Calabria. Ma tutti questi lavori riuscirono inutili perchè ai 28 di febbraio 1332 vi si apprese il fuoco, che arse tutto il tetto del vecchio palazzo, c le due parti del nuovo dalla prima vòlta in su. Per la qual cosa fu ordinato dal comune che si rifacesse tutto in vòlta ialino ai tetti. Quindi quasi poca rovina vi avesse apportata il fuoco, vi si aggiunse anco l'acqua clic, nella inondazione terribile del 1333, salì a braccia sci di altezza nella corte dove sì rendeva giustizia. I nuovi restauri furono affidati a Neri Fioravanti e Belici di Cione: nel 1315 erano ricostruite diverse stanze, ulti malo il salone, cominciala la porta occidentale all'angolo della piazza, la scala del cortile, coperto l'edilizio di un tetto, e circondato il palagio di merli. Jacopo ili Baldo e Bartolo di Corso dipingevano le vòlte, e Beasi dì Cione apriva la gran finestra che sta dalla parte di mezzogiorno, sulla quale, tramezzo a gotici ornati, si dipinsero le armi del comune.
Dopo la cacciata del duca di Atene il pittore Tommaso di Stefano (?) dipinse per ordine del comune sopra una facciata della torre il duca e i suoi consiglieri impiccati.
Frano appena compiti codesti lavori che i guasti nel ! nsiirrezionc dei Ciompi del 1378, necessitarono nuovi restauri ultimati nel 1381.
Dal 1502 al 1571 vi ebbero sede i giudici dì Rota; poi gli Otto, il capitano di guardia o Ilari/elio (d'onde il nome) e il palazzo in gran parte In ridotto a uso dì carceri, solo ne! 1857 un decreto granducale ordinò fossero rimosse le carceri, instaurato intieramente il palazzo e rimesso al possibile nella primitiva sua forma. lavoro compiuto nel 1805.