Toscana
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superfìcie ristretta e ila una pozza prossima a questa. Codesti gas ardono spontanei e eostanti presso Firenzuola: a Portico si accendono al contatto di una fiamma qualsiasi e si spengono i 11 casi di pioggia trarotta o di vento impetuoso.
K merita anche speciale menziono il territorio Volterrano, pei soffioni di acido borico a Larderello (dal conte francese Larderei proprietario), pei depositi copiosi di cloruro di sodio che alimentano da secoli le saline di Volterra e pei giacimenti importanti di un alabastro pregiato.
Riassumendo il sin qui detto, la Toscana si può dividere geologicamente in quattro zone ben distiate:
la zona. — Quella dei terreni secondari! de' periodi triasico e giurassico e dei terreni eruttivi frammisti il più sovente ai precedenti (monti metalliferi), i quali occupano circa un decimo della superficie della regione.
I* zona. — Quella dei terreni terziarii del periodo eocenico intramezzati da terreni secondai n del periodo cretaceo (catene apeniiinichtt) per circa quattro decimi della superficie.
31 zona. — Quella dei terreni terziarii più recenti: del periodo miocenico per una piccola parte e del pliocenico india generalità (colli che formano la regione compresa fra ia seconda catena apenniuiea e la linea dei monti metalliferi), ossia tre decimi della superficie*
4* zona. — Quella composta da terreni quaterna! ii e da alluvioni dell'epoca recente che costituiscono il suolo delle pianure per circa due decimi della superficie totale.
È gvidente che, agronomicamente, ciascuna di codeste zone deve avere caratteri ben distinti perla costituzione fisica e chimica del terreno agrario che vi predomina; accenneremo sommariamente le qualità principali dei terreni più importanti per la superficie che occupano.
Le roccie del periodo cretaceo sono rappresentate da calcari rossi, scisti variegati, diaspri e da un calcare compatto detto comunemente pietra forte, misto pressoché sempre a scisti argillosi.
Le roccie del periodo eocenico sono costituite in generale da strati ili arenaria (macigno o pietra serena) alternanti con argille scistose (galestro) e con calcare compatto (alberese).
Codeste tre specie di roccie costituiscono l'ossatura della catena apenninica. Nella catena centrale i rispettivi strati di quelle roccie si dirigono quasi costantemente da nord-ovest a sud-est e piegano verso nord-est. Nel piovente romagnolo sono confusi ed impastati sì da formare sovente un'arenaria scistoso-calcarea, talvolta con prevalenza di scisti ed adoperata utilmente per copertura dei tetti, talvolta invece con tale un predominio di carbonato calcare da riuscire ad essere ridotto a calce per mezzo della cottura.
Nel piovente opposto per contro gli strati sono oltremodo distinti e, come osservò il Savi, per la loro inclinazione a nord-est, mostrano in generale le loro testate come fossero troncati e sollevati posteriormente alla deposizione dei più recenti terreni, dei quali manca ivi ogni traccia.
La disposizione ili codeste roccie bene si appalesa a chi attraversa I'i\pennino al valico della via 1 aentina. La montagna sembra composta di rovine di giganteschi edifizi monolitici fra i cui ruderi raramente incontrasi una spianateli coperta di terra vegetale, dello spessore di pochi centimetri.
Nella loro disgregazione le roccie apenninirhe danno origine a terreni d'indole assai diversa secondo che vi predomina l'arenaria (macigno o pietra serena), ovvero il calcare (pietra forte od alberese) e lo scisto (galestro).
Ove prevale l'arenaria, prospera, secondo l'altitudine, l'abete o il castagno o l'ulivo; quest'ultimo specialmente vi trova condizioni così favorevoli che vi cresce rigoglioso