Mandamenti e Comuni del Circondano di Mieli
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Petescia (891 ab.). Verso i monti Oeraimi, alle cui falde scorre il Turano, sulla cima di alto colle (70;5 m.) sorge questo villaggio, ove alcuni scrittori o])inarono avesse esistito l'antica Tura, altri I aria o Bacia; ma sono congetture assai vaglie.
La cliiesa parrocchiale è dedicata al Salvatore. Kravi un rinomato convento di Carmelitani, clic fu soppresso da Innocenzo X, Un miglio lungi dall'abitato, in luogo alpestre, tra due macigni, sgorga un'acqua limpidissimi», detta volgarmente Acqua santa. Sgorga in tre tempi del giorno, cioè al levar del sole, al mezzodì ed al tramonto. Il Marocco, clic ciò scrive, ilice ignorarsi la causa di questo strano fenomeno e riuscirono sempre vane le ricerche di valenti tisici e viaggiatori. \ uni poeti cantarono lepidamente di questa curiosa sorgente.
Gli abitanti sono dediti all'agricoltura ed alla pastorizia. Il territorio produce grano, vino, patate, castagne e pascoli.
Uomini illustri. — Oriundo di questa terra fu il prelato Lodovico Lonzi, tenuto in grande stima da Clemente IX. o cólto letterato.
Coli. ,letL foggio Mirteto — l)ioc. Tivoli — 1'-, T. e Slr, feri-, a Carsoli.
Pozzaglia (1-191 ab.). — Cenni storici. Il nome vuoisi derivi «la un antico pozzo, ed infatti lo stemma del Connine rappresenta un pozzx); sopra cui sta un gallo; pensando alcuni l'osse dapprima detto Fomogallo, donde il nome odierno. Fu feudo degli Orsini, poi dei Conti, dei Muti, dai quali passò alla famiglia Borghese.
Pozzaglia siede alla sinistra del Turano, sulla costa d'un colle (SfiO in.), ri in petto ad Orvinio, in luogo fertile ed ameno. La chiesa parrocchiale è sotto I invocazione di San Nicolò. Notevole è la chiesa di Santa Maria del Piano, die fu una celebre abbazia dei monaci Benedettini di Farfa, dei quali eravi unito il monastero che ancora olire belli avanzi e clic la tradizione dice fondato ai tempi di Carlo Magno.
Vi prospera l'agricoltura ed il suolo, ferace, produce cereali, vino e pascoli.
Coli, elett. Poggio Mirteto — Dioc. Tivoli — P* locale, T. ad Orvinio e Str. ferr. a Passo Corese.
Scandriglia (:22:M ab.). — Cenni storici. Sembra già esistesse nel IX secolo. Nel 1084 ne era assoluto signore uu certo conte Erveo, che la donò al monastero di Farfa. Prima del 1110 il cardinale Baldassarre Cossa, che in tempo dello scisma fu eletto papa col nome di Giovanni XXIII, concedette a Francesco Orsini e suoi discendenti maschi, legittimi, questo castello in enfiteusi, colla sola ricognizione annua, all'abate di Farfa, di libbre 10 di cera. L'Orsini godeva di tale investitura e tentava rendere questa terra effettivo patrimonio e voleva farne una permuta con altri beni, acciò più non cadesse in dominio dei monaci farfensi. Quindi, dubitando gli Orsini che col volger degli anni si potesse contrastare loro tale enfiteusi, quantunque la commenda della abbadia farfense fosse nelle loro mani, la fecero confermare, nel 1453, da Nicolò V e cercarono avere tale conferma dagli abati commendatori, prima, nel 1492, dal cardinale Battista Orsini e, nel 1508 e 1565, dal cardinale Farnese. Rimaneva dunque sempre nella badia di Farfa il diretto dominio di Scarni riglia e, durante la signoria degli Orsini, riscuoteva la quarta parte della decima. Ma sotto Sisto IV i beni del monastero furono assegnati alla Mensa conventuale di Farfa, cui, nell'anno 1497, cadde anche l'incorporazione del monastero di San Salvatore di Scandriglia. Quindi la Mensa conventuale molto ebbe a soffrire dalla casa Orsini, a cagione di quei personaggi di tale prosapia che cercavano incessantemente di estendere ti loro dominio. Dalla parte degli Orsini era il Comune di Scandriglia, contrario al monastero farfense. I)i qui ire, odi! e differenze gravi erano sòrte. Conosciutosi ciò in Vaticano, il pupa, estinta che fu la linea di Francesco Orsini, ordinò che Scandriglia passasse ìli proprietà della Camera Apostolica e venne a ciò deputato Giovanni, aliate di San Paolo di Rotta.
Ma il Comune non si acquietò, ebbe frequenti contese coi monaci di Farfa, contro i quali mosbe una lunga e grave lite pel jus liynandi et pusceudi; ma il tribunale