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l'arte Terza — Italia Centrale
tempo (li violenza, di torbidi, di sangue, a preparare la cittadina concordia. Vietavasi il ricorrere alle armi, se non lo richiedeva la difesa della fede o della patria.
La parte ghibellina si adombrò delle riforme di frate Francesco a punto, che Pier delle Vigne scriveva a Federigo II avere i Frati Minori promosse due compagnie, di uomini l'una, l'altra di femmine, a danno dell'autorità imperiale. Nelle radunanze, negli oratorii, esortavansi tutti a lasciare al massaio una moneta, destinata per sovvenire t poveri ed i inalati; primo fondamento questo di quelle caritatevoli istituzioni tanto progredite e sviluppate all'età nostra. Ben scrisse il Capponi (Storia della Repubblica di Firenze, i, p. 180), che i popoli riconoscevano già nella Pegola di San Francesco la conseci'azione e in qualche modo il primo inizio della itidìca democrazia. Dall'Italia pensò Francesco recarsi in Oriente e giunse a Soria nel l'acca) ripa mei ito cristiano; ina preso, fu condotto in catene innanzi al Sohlauo. Nel 1219 cominciarono le missioni ed i viaggi dei Minori nell'Asia. Egli girò l'Italia, fondò sul monte delPÀlvemia il celebre convento, ove ricevè le stimmate, come pur Dante rammenta (Paradiso, c. 11), e quivi cadde malato e fu colpito da cecità. Fu ricondotto in patria e giunto, per la via dei monti, a Nocera, gli fu incontro una legazione, di parte popolana, del Comune d'Assisi, e nel 1220 giunse in patria, alloggiando nel palazzo vescovile, presso l'antico duomo. Sentendosi presso a morire volle esser portato a Santa Maria degli Angeli, ove sulla nuda terra, dopo di aver caldamente raccomandata la povertà, morì ai 4 di ottobre di detto anno 1226.
Tra quelli che subito primeggiarono nell'Ordine dei Minori è Santa Chiara degli Sciti, nata di Favolino conte di Sassorosso; Pacifica dei Gnefucci, zia di Santa Chiara; Bernardo da Quintavalle; Pietro Cattaneo; frate Egidio e frate Elia, che acquistossi grande rinomanza nelle lettere, celebre per la costruzione della basilica francescana di Assisi. Gregorio IX mandò frate Elia quale legato a Federigo II, a Pavia ed a Verona, per tentare un accordo con quell'imperatore adirato contro i Guelfi. Ma la legazione non sortì buon effetto. Intanto, molto contribuendovi la gloria di San Francesco, Assisi era venuta crescendo in autorità, in potenza, e teneva molte castella dei dintorni a sua devozione. Nel 1223 gli uomini del Comune di Bettona si dettero agli Assisani e poco prima, nel 1217, i figli di Guitto avevano fatto soinmessione ad Assisi del forte castello di Postignano.
Nel 1228 Assisi entrò nella grande Lega guelfa e dal Comune fu mandato Pan-dolfo, podestà, a Perugia ad assistere, a nome della città, al grande parlamento che colà si teneva alla presenza del pontefice. Nel 123U fu istituita la magistratura del capitano del popolo e primo eletto fu Pietro di Giliuzzo. Per la perseveranza mostrata alla causa guelfa, Gregorio IX, nel 1237, spedì da Viterbo una bolla ad Assisi, lodandosi della devozione della città alla Sede apostolica e confermandole il diritto d'eleggere liberamente il podestà ed i pubblici ufficiali.
Morto Federigo II nel 1250, ad imitazione della Toscana e della Lombardia, uni-vansi in nuova lega le città guelfe dell'Umbria ed Assisi entrò nel numero, aiutando Perugia a cacciare da Foligno e da Todi la parte imperiale (1253). Innocenzo IV in questo medesimo anno venne in Assisi, ove dimorò cinque mesi, nel convento di San Francesco.
Intanto scoppiò fiera guerra, durata sino al 12GG, causata dall'aver gli uomini di Bettona levato di nascosto, dalla badia della Piana, all'insaputa degli Assisani, alla cui giurisdizione ecclesiastica dipendevano, le ossa di San Crispolto, vescovo e patrono di Bettona. Avendo il papa dato ragione ai Beffonesi, fu dichiarata guerra da Assisi. Perugia si adoperò per pacificare le due città contendenti, e fu decretata arbitra nella controversia. Il 20 agosto Perugini ed Assisani decisero muovere insieme a danno di BettOiìa» Pia per incidenti sopravvenuti Assisi non venne a capo del suo desiderio e Bettona continuò a tenere nella terra le ossa del suo vescovo e patrono.