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l'arie Terza — Italia Centrale
Essa incomincia nel giugno e giungo all'apice nella seconda metà dell'agosto e al principio del settembre; mezza Roma emigra allora sulle alture dei colli Albani e della Sabina. E il vero clic anche 111 Roma stessa occorrono casi di febbre 111 primavera e persino nel verno, quando la temperatura è eccezionalmente umida e calda e l'improvvidenza e l'imprudenza predispongono il corpo.
Già i più antichi coloni di Roma avevano rizzato altari al Genio della Febbre, la quale fu in tutti i tempi endemica in Roma. Il 1° di agosto è sempre accolto con giubilo; d primo rovescio di pioggia dopo il dì di San Lorenzo infrange, secondo il dettato, la forza del sole. Un'estate con predominio dei venti meridionali favorisce la febbre, ed un'estate fresca e asciutta, con predominio dei venti nordici, diminuisce il pericolo.
Pericoloso è però sempre il tempo delle prime pioggie, principalmente quando si è sopraccolti da esse nell'aperta campagna e nei luoghi ove si ara la terra rimasta lungo tempo in maggese. La febbre sviluppasi anche, assai più facilmente durante il sonno nei luoghi esposti all'influsso pernicioso. All'altitudine di 200 a :I00 metri sul mare l'aria è più libera dalla malaria. Nelle parti popolate della città il pericolo è assai minore, laddove le dimore isolate nella campagna sono estremamente pericoloso, e basta passarvi una sola notte per trarsi addosso il germe dell'iniezione (1).
La Roma antica creò 1111 sistema grandioso di cloache, perforò con canali le colline che frapponevano ostacolo al corso delle acque, spianò le concile, che, le facevano stagnare, e,mediante le colmate e i serbatoi, non solo provvide gli abitanti di una ricchezza inesauribile di acqua sorgiva 111 numerose fontane e laghetti, ma mantenne asciutto e sano al possibile il suolo. La Roma medioevale, invece che trascurò questi salutari provvedimenti, divenne una delle più insalubri città d'Italia. 1 papi Gregorio IX, Sisto IV, Sisto V e Paolo V ridonarono primi la salubrità a Roma, mediante il restauro di porzione delle opero antiche e il miglioramento del suolo.
Ai dì nostri le condizioni sanitarie di Roma sono assai migliorate, la mercè della correzione, e dei la\ori in corso del Tevere, delle prescrizioni edilizie nella costruzione dei nuovi quartieri, della rinnovazione di parecchie cloache importanti e della fabbricazione nel nord-est e nell'est della città. Le nuove case sono alte e spaziose, essendo i piani superiori riputati a buon diritto 1 più sani; il crescere incessante della popolazione reca il fuoco del focolare domestico e il lastricato stradale nei luoghi desorti e le nuove vie sono fiancheggiate da alberi ai due lati.
Come luoghi pienamente immuni dalle febbri reputansi pi incipalmente le strade fra il ('orso, il Lincio e il Quirinale. I preferiti sono: Piazza di Spagna, via Babuino, ria Due Macelli, via Frattina, via dell1 Angelo Custode, via Nazionale, via San Nicolò Tolentino, piazza Barberini, via Sistina e via Quattro Fontane, con tutte le loro vie laterali verso occidente.
(1) L'illustre medico ed ex-ministro Guido Baccelli nel suo volume Salta malaria (1878) ha dimostrato che anche lungo il Tevere non tutte le abitazioni vanno soggette allo stesso grado alle l'ebbri intermittenti, ina che esse regnano per tutto dove il fiume deposita un banco di melma sulle sue sponde, come alla Legnaja, nel iaoxjo Tevere e a Ripetta sino a porto dementino. All'ingiù di esso, là dove il fiume lambe le mura, scomparisce la frequenza della lebbre, ed anche il piano di Castello a Castel Sant'Angelo, dirimpetto agli edilizi di via Monte Brianzo, è libero dalla malaria.
Per contro all', leco di l'arma e a San Gioranni de Fiorentini, dove ricompariscono i suddetti banchi melinosi, torna a predominare la febbre. Ne è libera nel suo centro la Città Leoninii sulla destra del Tevere; per converso le vie laterali, porla Ani/elica, monte Vutieuno sono più o meno insalubri. E insalubri sono il Gianieolo e tutto il tratto dal Gianicolo a porta Poi-tese. A sinistra del Tevere vanno soggetti principalmente alle febbri i dintorni di monte Testacelo, l'intiero tratto da San Gregorio sino alle Tenne