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l'arie Terza — Italia Centrale
fanno sì clie la pastorizia sorpassi l'agricoltura. L'allevamento del bestiame bovino succede generalmente all'aperto: buoi, vacche, bufali (questi ultimi m continua decrescenza) non entrano mai, fatte poche eccezioni, nelle stalle e vivono tutti alla mescolata ed esposti alle intemperie» Questo bestiame, d'indole fiera e selvaggia, serve soltanto pel latte e pei formaggi, essendo quello che s'ingrassa per l'alimentazione così scarso che non basta al consumo locale ; di che la necessità di ricorrere ai mercati toscano, umbro e marchigiano. 11 latte delle vacche si vende in natura, oppure fabbricansi con esso burro, provature, e quella ben nota specie di formaggio, detto cacio-cavallo.
Al bestiame bovino tien dietro per importanza l'ovino, il quale 11011 dimora del continuo nella pianura ; ina sale in montagna e vi pascola dall'aprile sino al soprag-ghmgere della cattiva stagione. Dove pongono stanza 1 pastori che fanno i formaggi e la ricotta sorgono i cosidetti procoi, specie di capanne per dormire, mentre le pecore stanziano nottetempo in una rete lì presso. Accanto al procoio si fa un gran fuoco su cui collocasi la caldaia per la fabbricazione del formaggio.
11 bestiame ovino pascolante nell'Agro romano si fa ascendere a 520,000 capi, e l'industria che si ritrae da esso è quella degli abbacchi, od agnelli da macello di cui si fa un enorme consumo ili Roma, della ricotta e dei caci pecorini. Ma importante sopratutto è la produzione della lana ragguagliata ad oltre 500,000 chilogrammi di cui 420,000 si esportano, non potendo i lanifici! della provincia trarre gran frutto da quest'ottima materia prima. Ma se l'industria lanifera, floridissima in addietro, non corrisponde più alla grande produzione della materia prima, non può dirsi caduta all'atto essendovi ancora 34 circa lanitìcii fra Roma, Tivoli, Ceprano, Alatri e Viterbo, oltre i telai domestici.
Segue quindi l'allevamento dei cavalli il cui numero si fa ascendere a circa 50,000, dei quali la metà nel solo circondario di Roma. L'antica eccellente razza romana fu trasformata dagli incrociamenti e si può dir quasi estinta: solivi ora diverse razze o sotto razze che variano secondo l'indirizzo dell'allevamento e l'origine dei padri.
Non guari esteso è il numero dei giumenti e dei muli quantunque vada aumentando pei bisogni dell'agricoltura. Importante invece è l'allevamento dei niajali nelle colline e nelle regioni montuose. Predominano due razze: una nel circondario di Viterbo e l'altra in quello di Frosinoue.
Scarsa è la filatura e tessitura della seta. Della prima havvi qualche filanda a Frascati, Viterbo, Veroli, Lag no re a e Roma ; della seconda non si contano che circa 200 telai nell'intiera provincia. Fabbricansi tessuti d'oro e di argento, stoffe per para-nienti sacri, damaschi, scialli e le così dette sciarpe romane di cui facevasi grande esportazione in addietro.
In circa 1G3 Comuni coltivansi la canapa ed il lino. Da ciò l'industria della filatura e tessitura fatte però a mano e non con meccanismi o telai automatici, pei quali occorrerebbe l'impianto con ingenti capitali. Si calcolano quindi ad un migliaio circa i telai a mano disseminati nelle case per la, tessitura del cotone.
Fra le industrie tessili citeremo ancora la fabbricazione dei cappelli, pel consumo locale, esercitata a Tivoli, Bracciano, Carpineto, Civita Castellana, Norma, I'alestrina, Roneiglione, Soriano nel Cimino.
Vi sono cartiere a Subiaco, a Grottaferrata, a Monte San Giovanni, a Ceprano, a Tivoli e a Guarcino. Le concerie, in ninnerò di circa 40, son di poco momento. Importante invece è l'industria forestale, fra cui quella delle dogarelle per botti, di cui si fa grande esportazione nella Spagna e in Francia, e quella delle traversine per le strade ferrate.
Poco sviluppate le industrie chimiche; meritano però menzione la fabbrica d'allume di Civitavecchia, le fabbriche dì fiammiferi a Roma, Civitavecchia, \ iterbo, Albano, Corneto Tarquinia e Veroli, e molte piccole saponiere.