Crema
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dalla città dirigendosi a Milano, A mezzanotte entrarono in Crema un battaglione di truppa e due cannoni, chiamati in rinforzo da Lodi. 11 25 marzo le truppe scompigliate di Radetzky, cacciate da Milano dopo la eroica lotta delle Cinque Giornate — circa 20,000 uomini — invasero letteralmente la città, dirigendosi verso Brescia e Verona. Da Crema, l'umiliato ma sempre burbanzoso maresciallo dettò il famoso suo manifesto di minaccia ai Lombardi, che è rimasto nella stona uno dei più curiosi monumenti della truculenta soldatesca. Il 25 marzo Crema era sgombrata dagli Austriaci e mentre la retroguardia di questi usciva da porta Serio, entrava da porta Ombriana nella città, accolta da fraterne dimostrazioni di giubilo, la colonna dei volontari genovesi capitanata dal Torres. Subito fu costituito un governo provvisorio, che aderendo al governo di Milano, provvide al mantenimento dell'ordine, della sicurezza ed all'arruolamento delle guardie nazionali e dei volontari per la campagna di indipendenza. Volte al disastro le sorti di questa, gli Austriaci ritornarono in Crema il 1° d'agosto di quell'anno medesimo, mentre l'esercito sardo volgeva in rapida ritirata su due colonne, l'ima verso il Po e Piacenza, l'altra verso Milano. Le sanguinose rappresaglie, la cupa tirannide, il regime strettamente poliziesco e le gravose contribuzioni, che distinsero l'ultimo periodo della dominazione austriaca 111 Lombardia, cementarono nella popolazione l'odio per lo straniero ; e nel 1859, l'anno foriero di libertà, presentendo imminenti gli avvenimenti, la gioventù cremasca emigrò in gran numero nel Piemonte ed in Liguria, onde prepararsi alla lotta. Durante la campagna, e specie nella ritirata famosa di Giulay per motivi strategici (dopo le sconfitte di Palestra, Magenta e Melograno !), la città e le popolazioni rurali furono messe a gravi contribuzioni, i campi furono devastati dal passaggio frettoloso delle truppe in ritirata oltre l'Oglio; ma non si ebbero a lamentare gli eccessi sanguinosi e le brutalità che caratterizzarono l'occupazione austriaca della Loinellma e dell'Oltrepò pavese, nell'aprile e maggio di quell'anno medesimo.
Al 12 giugno 1859 gli Austriaci lasciavano per sempre Crema, tagliandosi alle spalle il ponte sull'Oglio. In quella sera medesima si costituiva in Crema la nuova rappresentanza municipale, clic in nome del popolo faceva adesione al Governo nazionale e costituzionale di Vittorio Emanuele IL
Proclamato il Regno d'Italia e col successivo riordinamento delle provinole lombarde, approvato dal Parlamento italiano, la provincia di Lodi e Crema venne scomposta e soppressa: Lodi andò a formar parte come circondario della provincia di Milano e Crema, eretta in capoluogo di circondario, più razionalmente fu chiamata a far parte della provincia di Cremona.
La diocesi di Crema. — L'erezione della Chiesa cremasca in vescovado data dall'anno 1580. Prima di quell'anno i vescovi di Cremona, dì Piacenza e di Lodi si ripartivano la giurisdizione ecclesiastica di questa provincia della Repubblica veneta. Cedendo agli uffici del governo di Venezia, papa Gregorio XIII, mediante costituzione super uni-versus dell'I 1 aprile 1580, fece della provincia cremasca una diocesi a sè, dichiarata primieramente suffraganea del metropolita di Milano, poi di quello di Bologna, allorché, nel 1582, questa Chiesa fu elevata ad arcivescovado. Così rimase fino al 1835, anno in cui Gregorio XVI la restituì all'arcivescovo di Milano. Primo vescovo di Crema fu monsignor Gerolamo Diodo, patrizio veneziano, nominato il 20 novembre 1580. Tenne la cattedra per quattro anni e vi rinunziò per infermità, ritirandosi a Venezia, ove morì nel 1585. A lui successero fino al presente altri quattordici vescovi, dei quali tre cremaschi.
La diocesi comprende cinque parrocchie in città e quarantotto nel territorio, divise nei sette vicariati foranei di Offanengo, Bagnolo, Sergnano, Trescore, Ripalta Nuova, Cine ve e Montodine.