Crema
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loro parenti e clienti, comprese le donne: e cosi, nel 13G0, tal bando venne per lo donne revocato dietro insistenza del podestà di Crema, Aldighiero della Sennazza. Lo stesso Bernabò, allo scopo di tener meglio guardata la città da possibili ribellioni, vi fece, erigere a porta Ombriana un'altra racchetta, clie venne più tardi fatta demolire dai Veneziani. Questa racchetta fu teatro delle orgie di Carlo Visconti tiglio di Bernabò, al quale il padre aveva assegnato il dominio di Crema, e si narra che nella Torre maggiore vi fosse una camera mirabilmente dipinta, nella quale il giovane principe riceveva le sue amanti e che da esse la torre venisse chiamata Torre del Paradiso.
Migliore di quello di Bernabò fu il governo di Gian Galeazzo Visconti, al quale Crema, dopo la gherminella da lui giuocata allo zio. subito si diede, cinque giorni dopo Milano; a questo periodo si collega il compimento della facciata del Duomo, alla quale lavorarono i fratelli Antonio e Guglielmo di Marco, celebri architetti cam-pionesi ed ingegneri ducali, consultati per l'erezione del duomo di Milano, e l'Antonio assunto anche per 1 lavori della Certosa di Pavia.
Morto Gian Galeazzo, Crema si ribellò nel 1403, scuotendo il giogo della servitù e proclamandosi libera, cacciò Gabriele Visconti, tìglio naturale di Gian Galeazzo e di Agnese Mantegazza, che dal padre ne aveva avuto il dominio.
Ma tre quarti di secolo dì servitù avevano affievolite le libre dei cittadini ed accresciute le cupidigie dei patrizi; onde fra questi, smaniosi di primeggiare, scoppiarono di nuovo sanguinose discordie e dopo varie alternative si fecero gridare signori di Crema Paolo e Bartolomeo fratelli Benzoni (11 novembre 1403), proclamandosi di parte guelfa. A raffermarsi nel mal sicuro potere i due signorotti nominarono Nicolino Alfiere, valoroso soldato di ventura, a castellano della rocca- d'Ornbriano. Fecero podestà Giovanni Cigala, uomo ad essi devoto; si allearono col Cavalcabò signore di Cremona per fronteggiare i Ghibellini adunatisi principalmente nel castello di Solicino, donde facevano continue scorrerie nel territorio cremasco; e nello stesso anno si fecero anche signori di l'andino. Morti entrambi per la peste del 1405 lasciarono il dominio indiviso ai loro figli Tripino e Greppo (di Bartolomeo) e nizzardo (di Paolo), giovinetti inesperti, che furono spogliati un anno appresso della signoria dal loro cugino Giorgio Benzoni, fattosi eleggere da un'assemblea di partigiani. Costui governò con molta abilità Crema da principe assoluto per nove anni, e circa dieci come vassallo di Filippo Maria Visconti duca di Milano, da lui scaltramente raggirato per cattivarselo; infatti il duca, nel 1414, gli concesse solennemente il titolo di conte collinfeudazione di Crema e di Pan di no. Più tardi, essendosi Filippo Maria Visconti ben fitto nella testa di ricostituire lo Stato paterno, accettando con animo lieto le accuse di fellonia che alcuni suoi nemici avevano sollevato contro a Giorgio Benzoni, mandò le sue truppe ad occupare la rocca di Ombriano ; mentre in città dagli agenti del duca e nemici di Giorgio era ordita una trama per catturarlo ed ucciderlo insieme ai suoi tìgli. Giorgio Benzoni, avuto sentore della cosa, coi figli Venturino, Nicolò, Antonio e Guido, di nottetempo nascostamente uscì dalla città e si diresse a Venezia, mettendosi insieme ai suoi figli al servizio della Repubblica, già da lungo in guerra col duca di Milano. Per rappresaglia Filippo Maria confiscò tutti ì beni dei Benzoni, cacciò da Crema tutti i Guelfi o presunti tali, partìtantì per i Benzoni, e stabilì il suo dominio diretto sulla città. L'esilio di tanta parte della cittadinanza, rifugiata per lo più nel vicino Mantovano e negli Stati veneti, durò, si può dire, per tutto il tempo m cui visse ancora Filippo Maria Visconti: circa quindici anni. In questo periodo furono, a nome del duca, governatori di Crema uomini insigni, quali Borgo d'Este, Carlo Gonzaga ed Antonio Trivulzio, padre a Gian Giacomo, il grande maresciallo celebre per le battaglie del principio del secolo successivo, nato appunto in Crema mentre il padre ne teneva il governo.
Morto Filippo Maria Visconti, il 23 aprile 1447, Milano scosse il giogo di quella odiosa signoria proclamando la Repubblica Ambrosiana, alla quale fecero tosto adesione