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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Spronila — Alta Italia
   che aveva osato porre in non cale le sue minacele e disobbedire ai suoi ordini. Ciò nondimeno i Milanesi, visto il pericolo corso da Crema, mandarono nuovi soccorsi; ina l'imperatore avutane notizia, partitosi da Crema con 300 cavalieri tedeschi e chiamate milizie da Pavia e da Lodi si condusse in modo da intercettare la strada ai Milanesi e, trattili in imboscata nei pressi di Laminano, li sconfisse facendo un gran numero di prigioni, che furono mandati a Pavia.
   Dopo questo successo Rarbarossa, ritornato all'assedio di Crema, ordinò di stringere quanto più era possibile le operazioni ai danni degli assediati, non \olendo dare ad essi tregua alcuna, nò ai Milanesi il tempo di riaversi e di approntare nuovi soccorsi. Per suo ordine i Cremonesi fabbricarono davanti alle mura della città un castello in travatura, formato da due ripiani, dei quali l'inferiore misurava trenta braccia in quadro ed era alto poco più delle mura della città; l'altro più piccolo, a 1110' di torre, si alzava assai più, in guisa che chi vi stava sopra poteva vedere buona parte della città. Sul ripiano più elevato di questa torre si collocavano i più abili arcieri o saettatori dell'esercito assediante eoll'incarico di colpire non solo i difensori delle mura, ina ben anche i cittadini che si avventuravano per le vie e le piazze della città. Nel ripiano inferiore stavano quelli che battevano le mura e dovevano lanciare i ponti per entrare in città. Questa macchini) della quale gli scrittori del tempo, testimoni oculari, ci danno la minuta descrizione, come di cosa straordinaria, era alta 70 braccia e move-\asi da un punto all'altro delle mura mediante ruote, trascinate da gran numero di buoi o sospinta dagli stessi soldati. Insieme a questa macchina furono fabbricati potenti arieti per battere le mura e mangani per lanciar sassi e materie incendiarie sulla città.
   1 Cremasela non stavano dal canto loro colle mani alla cintola. Lssi avevano guarnito le mura colle migliori loro milizie e sulle torri avevano collocati mangani e briccole per lanciar sassi e proiettili di ogni genere nel campo nemico. Di più, non tenendo conto della strabocchevole superiorità numerica dei loro nemici, facevano frequenti sortite, recando sovente danni non lievi agli assediami, impossessandosi talvolta di qualche carro delle loro salmone. Più ostìnavasi la difesa dei Cremaschi, più acca-invasi l'ira dell'imperatore, il cui prestigio in Italia si sentiva menomato dalla resistenza di quel piccolo luogo. Ad intimorire i Cremasela egli escogitò le rappresaglie pili atroci. Fatte riempire con terra, botti e legnami le fosse in varii punti fee avvicinare il famoso castello dei Cremonesi alle mura, ma per colmo di crudele raffinatezza fece legare alle tra\i ignudi i prigionieri Cremaseli! ch'erano in suo potere, nella speranza che i difensori impietositi dalla sorte toccata ai loro cessassero dalle ostilità e si arrendessero. Non così avvenne. Dopo la prima dolorosa sorpresa, eccitati dagli stessi loro concittadini legati alla mobile torre, i Cremaseli! risposero più accanitamente all'assalto delle truppe imperiali, tirando di saette, di balestre contro la torre: varii dei Cremaschi ad essa legati rimasero in tal guisa uccisi dalle freccie dei loro concittadini, molti altri furono feriti od ebbero le membra rotte dalle pietre lanciate dai mangani. A tanto eroismo rispose il successo, poiché, non potendo resistere alla foga dei difensori, la immane macchina sanguinolenta e sfasciatesi dovette esser ritirata.
   I Cremaschi, irritati per la barbara sorte inflitta ai loro concittadini, presi alcuni prigionieri tedeschi e legatili bene coi mangani li lanciarono nel campo imperiale! prendendo di mira il punto dove coi suoi magnati stava l'imperatore. Taluno di quei disgraziati cadde anzi ai piedi dell'imperatore stesso; il quale, vieppiù inferocito, ordinò che due Cremaschi prigionieri fossero inunantinoiiti impiccati sotto le mura della città. Per tutta risposta i Cremaschi fnrono prontissimi ad erigere le forche sul bastione più avanzato della città e ad impiccarvi due Cremonesi Allora Rarbarossa, imbestialito, non ascoltando il parere contrario dei suoi consiglieri, fece rizzare intorno alla città tante forche quanti erano i prigionieri Cremaschi nelle sue mani e tutti li fece impiccare. Non bastando tali efferatezze a vincere l'animo imperterrito dei