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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Cremona
   71
   Senoncliè, Filippo Maria Visconti, implacabile nei suoi odii, come nella sua avidità, volendo togliere di mezzo Cabrino, della cui devozione sospettava, e nel tempo stesso ricuperare con usura il danaro sborsatogli, lo fece, con un sotterfugio, catturare da Oldrado Lampugnano ed insieme ai suoi tradurre incatenato a Pavia, indi a Milano, ove — previa conlisca di ogni suo avere — lo fece decapitare nel cortile del Broletto.
   Colla scomparsa di questo piccolo tiranno cessarono, è vero, per Cremona i danni delle fazioni intestine-, non cessarono peraltro i malanni. Filippo Maria Visconti poi, dovendo sostenere la guerra contro i Veneziani, che tendevano ad estendere i loro domimi di terraferma fino all'Adda ed al Po e possibilmente anche a Milano, oppresse la città di gravose imposizioni ed oltre di queste Cremona dovette fornire genti, armi, attrezzi e vettovaglie per le armi del duca; fu due volte stretta d'assedio, il suo territorio percorso in ogni senso e devastato dagli eserciti belligeranti ed 1 suoi borghi più volte messi a sacco ed incendiati. Il 22 giugno 1431 trentacinque galee veneziane avevano risalito il Po, armate di cannoni e cariche di un gran numero di Dalmati, Albanesi, Greci e Schiavoni, sotto il comando del provveditore Nicolò Trevisan. A breve distanza dalla città accampava l'esercito veneto di terra, che di concerto con quello salito pel fiume, doveva assaltarla. Cremona era difesa dalle truppe ducali, sotto il comando di Nicolò Piccinino, col sussidio di quaranta barche comandate da Francesco Sforza conte di Cotignola. Venuti alle mani i due eserciti, dopo 12 ore di accanito combattimento, i Veneti dovettero ritirarsi disfatti ed in grande disordine e ventotto delle loro navi andarono perdute, o incendiate o sommerse o catturate. Nello stesso anno, m ottobre, il conte di Carmagnola, comandante delle truppe venete, tentò di prendere la città assaltandola di sorpresa; ma fu respinto non tanto dal valore delle truppe ducali quanto dagli stessi cittadini, accorsi alle mura ed al castello in difesa della patria.
   Più tardi Cremona fu assegnata in dote a Bianca Maria, figlia naturale di Filippo Maria Visconti, che in età di 16 anni andava sposa a Francesco Sforza, ripassato dal servizio di Venezia a quello del futuro suocero. La principesca coppia prese dimora nel castello di Santa Croce, esercitando su Cremona diritti sovrani. Filippo Maria però pentito, come di sovente nella sua tortuosa politica gli avveniva, di quella cessione, tentò slealmente di riprendersi Cremona mandando Francesco Piccinino ad assaltarla. Ma i Cremonesi, anche questa volta poco desiderosi di ritornare nel dominio dei Visconti, opposero valida resistenza agli assalitori, fra i quali era anche il celebre Bartolomeo Colleoni, sicché quelli dovettero ritirarsi ed accontentarsi di prendere qualche castello del contado.
   Colla morte di Filippo Maria Visconti, senza eredi diretti, soffocata la Repubblica Ambrosiana da Francesco Sforza e fattosi questi duca di Milano, vennero per la Lombardia ed anche per Cremona giorni di pace. Tuttavia, non desistendo i Veneziani dal loro proposito di dominare su tutta la Lombardia ch'era al di qua dell'Adda, il territorio cremonese fu più volte invaso e depredato dalle loro armi ; ma furono tentativi inutili. Solo alla fine dello stesso secolo, quando per la sconsigliata ed ambiziosa politica di Lodovico il Moro, le cose di Lombardia volgevano a precipizio, nello sfacelo del ducato di Milano i Veneziani, alleati a Luigi XII re di Francia, disceso in Italia per far valere sul ducato di Milano i diritti dei discendenti di Valentino Visconti, poterono occupare Cremona (10 settembre 1499).
   La Repubblica Serenissima dominò per soli dieci anni in Cremona, cui dovette abbandonare — come gran parte dei suoi Stati di terraferma — per la Lega di Cambrai, dopo la disastrosa battaglia di Agnadello (1509). I Francesi occuparono la città lasciata libera dai Veneti e nel giorno 24 di giugno vi entrò trionfante Luigi XII, accompagnato da sette cardinali, dal duca di Ferrara, Alfonso d'Este, dai marchesi di Mantova