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Parte Seconda — Alta Italia
della città, fra cittadini e cittadini, nobili e popolani, i primi germi di sanguinose discordie. Già fin dal 1112 covava fra il popolo, abitante in massima parte la città vecchia, ed i nobili e loro aderenti, abitanti dèlia città nuova, un sordo astio che non mancava quando le occasioni se ne presentavano propizie, di manifestarsi in aperto conflitto. Ma le cose rincrudirono specialmente dopo il USO, quando, rimasto soccombente il partito popolare, i nobili imposero alla città un podestà di loro esclusiva elezione; e più s'aggravarono quando, colle denominazioni partigiane di Guelfi e Ghibellini sul principio del secolo XIli, la passione politica venne a soffiare sulle rivalità locali. Così c dentro e fuori combattendo ed alternandosi la fortuna tra Guelfi e Ghibellini trascorse la prima metà del secolo XIII, durante la quale, ad onta di tante traversìe, Cremona si abbellì di taluno dei suoi maggiori monumenti, tra cui il palazzo del Comune, il palazzo Pubblico, ora Archivio notarile, la Torre maggiore, ecc.
Fra i fatti d'armi più importanti ai quali i Cremonesi presero parte in questo periodo fu la battaglia della Fossalta sul Panaro, avvenuta nel maggio 1249, episodio massimo della guerra della Secchiti tra Modenesi e Bolognesi, e nella quale, battuti i Ghibellini, rimase prigioniero dei Guelfi bolognesi Enzo re di Sardegna, figlio naturale e prediletto dell'imperatore Federico II. I Cremonesi, capitanati da Puoso da Doara, presero parte a questa sanguinosa battaglia, una delle più memorabili del tempo, in 4000 tra fanti e cavalieri. La disfatta della Fossalta, nella quale particolarmente furono implicati, non distolse i Cremonesi dalla lor rabbia particolare contro Panna, che in una battaglia dell'anno prima s'era impossessata del loro Carroccio.
Nell'anno successivo, nominato podestà Uberto Pallavicino, famoso fra i capitani ghibellini ed amico dell'imperatore Federico, si misero con quanta forza poterono In «impaglia contro Parma. Dopo varie scaranniccie, Cremonesi e Parmigiani si azzuffarono in decisiva battaglia il 12 settembre e, dopo cinque óre di combattimento accanito, non potendo i Parmigiani resistere alla foga dei nemici abilmente condotti dal Pallavicino, ripiegarono verso la loro città, lasciando sul campo più di mille morti, il Carroccio e molti prigionieri. Fn per festeggiare questa vittoria, rialzante di molto le sorti del partito ghibellino 111 Lombardia, che 1 Cremonesi istituirono la famosa corsa del toro nella piazza Grande, festa abolita per desiderio espresso di San Carlo Borromeo, nel 1575, allorché visitò la diocesi cremonese.
Nelle lotte cittadine aveva, ad onta di fieri contrasti, prevalso sempre la parte dei Ghibellini, specie nel tempo hi cui fiorirono Uberto Pallavicino e Buoso 0 Bosio da Doara, celeberrimi capitani ghibellini e quindi amici dell'imperatore. Mi allorché morto il Pallavicino il Buoso fn incolpato, nel 1204, d'aver tradito il suo partito per avere, senza contrasto e per danaro il che è dubbio — lasciato libero il passo del-l'Oglio a Palazzolo alle truppe di Carlo d'Angiò, scendente alla conquista del Regno, egli venne cacciato da Cremona ed abbandonato da tutti 1 suoi partigiani, onde anche quivi, in quel momento di feroce reazione guelfa, prese il sopravvento la parte della Chiesa. 1 Ghibellini furono cacciati 111 bando ed i Guelfi, rimasti padroni del campo si diedero alle pili feroci rappresaglia» Guelfa era la città quando Corradino tentò l'infelice spedizione di riscossa del Regno e 11011 gli diede alcun aiuto. Più ostinatamente guelfa mostrassi ancora Cremona quando, col rifiorire delle speranze ghibelline, scese nel 1310 in Italia Arrigo di Lussemburgo, giacché ritinto a questo imperatore, auspicato ila Dante e da altri maggiorenti ghibellini quale restauratore d'Italia dalle sventure, ogni riconoscimento e soinniessione. Sdegnato perciò, Arrigo dichiarò Cremona ribelle airiinpero. permise ad ognuno di ucciderne i cittadini in qualunque luogo sì trovassero e di occupare il loro territorio; eppoi da Verona, col suo esercito di Tedeschi, rafforzato dai fuorusciti Ghibellini, che da ogni parte accorrevano a raccogliersi sotto la bandiera imperiale, marciò sopra Cremona col proposito di assediarla e punirla. All'appressarsi di tanto turbine, Guglielmo Cavalcalo, capo dei Guelfi, che reggeva la città