Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincie di Cremona e Mantova', Gustavo Strafforello

   

Pagina (72/305)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (72/305)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   1-28
   Parte Seconda — Alta Italia
   ìa storia del secolo X, sono la prova dell'accentuarsi sempre maggiore della lotta fra i cittadini alla riconquista della loro indipendenza coli'affermazione dei loro diritti contro i vescovi, che essendosi sostituiti pienamente all'autorità feudale-civile del conte, guardavano sospettosi l'accrescersi delle pretese popolari. E questi documenti ci rivelano anche l'incertezza della politica imperiale di fronte a siffatta condizione degli animi nelle città lombarde; consigliata dapprima dagli accorti ministri a favorire il sentimento popolare, come quello che avrebbe maggiormente giovato alla solidità dell'Impeto; cedente poscia alle pressioni della madre Teofania, della sorella Sofia, del cugino pontefice e dello stesso vescovo Olderico, accorso in fretta e furia a Boma. Ma, ad onta dei diplomi imperiali, il potere vescovile doveva essere, sul principio del secolo XI, assai scosso in Cremona, se il vescovo Olderico, e nella città e nel contado, presente l'imperatore o qualche suo alto ufficiale all'uopo mandato, fu costretto a tenere parecchi placiti onde sostenere la validità di quei diplomi, farli osservare dai contravventori e far decidere sulle contestazioni continue che la loro applicazione sollevava. Si inasprisce la lotta tra i Cremonesi ed il vescovo loro (ponto principale della discordia essendo sempre la giurisdizione sulle acque del To ed 1 diritti portuali, ripuari, ecc., coi quali quei vescovi vessavano continuamente il commercio esercitantesi allora in massima parte per le vie rinviali) sotto il regno di Arrigo II o di Bamberga, siccome alcuni storici lo chiamano. Anche questi, assai divoto, aveva riconfermati al vescovo di Cremona tutti i privilegi goduti e voluti: e per giunta, rimasta vacante quella sede, ne aveva investito, a suggestione di Cunegonda sua moglie, il suo cappellano e consigliere Landolfo. Non garbò ai Cremonesi vedersi tolta l'elezione del loro presule ed imposto un tedesco, e la loro opposizione, fomentata anche dai Benedettini di San Lorenzo, ai quali Landolfo per decreto imperiale aveva tolta l'amministrazione del loro pingue patrimonio, fu tale che non riesci possibile al nuovo vescovo di prendere possesso della sede se non nel 1010, tre anni dopo la sua nomina; e qualche anno dopo dacché era insediato, mostrandosi egli acerrimo persecutore dei Benedettini e del popolo Cremonese, fu — secondo narra la cronaca di Sicardo — cacciato dalla città ed il suo palazzo, cinto di duplice mura e munito di torri, distrutto dalle fondamenta (1022). La ribellione di Cremona e la distruzione del palazzo vescovile e della vecchia città sono descritte ili un diploma di re Corrado del 1031, ove rimprovera ai Cremonesi congiurati la espulsione del loro vecchio padre e signore spirituale. Landolfo fu spogliato dei suoi beni temporali: furono fatti prigionieri, mandati in esiglio o venduti come schiavi i preti, i seni, i militi ed i vassalli trovati nella rocca; furono abbruciate le case dei canonici difensori del vescovo; » loro beni confiscati come quelli di traditori e ribelli e costretti a riscattarsi con danaro la vita. La piccola città fu abbattuta < ed un'altra più ampia e fortificata i Cremonesi ne rifabbricarono contro l'onore dell'imperatore e per resistergli >. Queste parole desunte da un atto autentico dell'imperatore Corrado il Salico, ci provano l'esistenza in Cremona di un forte partito popolare e l'avviamento della città alla Conquista della propria libertà.
   Il successore di Landolfo, l'boldo, altro tedesco eletto dall'imperatore a vescovo della indocile Cremona, quantunque munito di lettere e diplomi dall'imperatore, non trovò molto piana la via ad assidersi alla cattedra vescovile. Dapprima Ariberto, arcivescovo di Milano, metropolita della Chiesa ambrosiana, dalla quale allora più strettamente dipendeva la Chiesa cremonese, si rifiutò di riconoscere e consacrare Ubohlo se prima questi non ce deva gli e regalatigli la Corte o Pieve d'Arsago, della quale Ubohlo teneva l'investitura dall'imperatore. E se Uboldo volle occupare la nuova sede dovette rinunciare a quella lauta prebenda non sponte sed roachis.
   Nella lotta scoppiata più tardi fra l'imperatore Corrado ed Ariberto, il bellicoso arcivescovo milanese, Uboklo, tedesco e devoto all'in'-oratore, non potendo perdonare ad Ariberto il tiro fattogli colla Corte d'Arsago, prese le parti dell'imperatore e fu