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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   1-28
   Parte Seconda — Alta Italia
   di una guerra avvenuta tra Mantova e Cremona nell'anno 703 regnando Ansprando, per certi diritti sul fiume Oglio: guerra nella quale si sarebbero dall'una parte e dall'altra immischiati Cremaschi, Bresciani, Milanesi e Lodigiani e che sarebbe terminata colla vittoria dei Mantovani, al ben altrimenti memorabile per gli Italiani paese di Cintatone. Ma chiuuqne conosce l'organamento politico dei Longobardi e le condizioni d'inferiorità nelle quali dai dominatori erano tenute le città ed i loro abitanti d'origine italiana, non esita a relegare questa guerra tra le fole di cui furono tanto fecondi 1 cronisti dei secoli successivi, E notorio d'altra parte che le città italiane, o meglio lombarde, Milano compresa, non cominciarono a dar segno di vita autonoma se non dopo il nulle. E invece assodato che, durante il regno di Liutprando, Cremona godette di tutti i vantaggi del lungo periodo di pace pel quale andò distinto il regno di codesto piissimo re, e che al governo della città si successero frattanto varii duchi, fra i quali si fanno i nomi di Redalgiso, Magniferdo — un figlio del quale, Orso, prete della Cattedrale, lasciò molti beni al Capitolo .stesso — e Ilota ri. che fu l'ultimo duca di Cremona, assunto alla carica verso il 710. 11 pili antico documento del codice Sicardo è un decreto del re Liutprando (anni 7L1-730) fissante la tassa che dovevano pagare ì navalestri di Comacchìo per barcheggiare il sale nei porti longobardi, dei quali Cremona era uno dei principali, sotto la giurisdizione del vescovo godente ab antiquo i diritti di pnrtaticoxripatico, curaiurà e telonco.
   Il tragico tramonto della monarchia longobarda non mutò uè ni Lombardia, uè nel rimanente d'Italia la condizione di asservimento dei nazionali verso i dominatori nuovi, sostituitisi in parte ed in parte collocatisi agli antichi. Carlo Magno, nel riordinamento fèndali dei suoi Stati, non recò grandi innovazioni in Italia, ove molte leggi e consuetudini longobarde sono continuate e mantenuto: ove l'ordinamento militare costituisce sempre la distinzione tra dominatori e dominati; ove infine, ai duchi longobardi sono sostituiti i ducili franchi, con diritti ed attribuzioni pressoché ugnali. Del primo periodo della dominazione franca e proprio di Carlo Magno, regia fran-rormn ut Longobardi, è il secondo documento del codice Sicardo, illustrato anello dal Muratori nelle . 1 nticìutà Italiane (anni 7^0-7S9). nel quale si ricostruiscono e si costituiscono i censi da pagarsi in esso, come già era stabilito per precedente diploma da re Liutprando.
   Nella sua dotta ilhistrazioue del Repertorio Diplomatico Cremonese, pubblicato con illuminata disposizione a spese ed a cura del Municipio, che ne fece trascrivere i documenti dal chiaro paleografo Mg. Orazio Feri agni, l'eruditissimo cav. Itobolotti scrive: t li porto di Cremona, istituito da re Liutprando, e pretesi doni di Carlo Magno alla Chiesa cremonese, armarono la nuova potenza temporale dei vescovi a danno prima della parte secolare e straniera dei conti e gastaldi poi della cittadinanza e commercianti, e possono dirsi il pomo della discordia, il perno della storia civile e politica di Cremona dal IX ali \I secolo >. Di questa lotta, già lontanamente preludìante le vivaci contese che nel periodo del Comune dovevano accendere gli animi e trarli alle armi, sì hanno ì primi documenti autentici, nel codice Sicardo, in due piacili o giudizi pubblici del secolo IX (anni 81-2-Sòl') sul diploma e sul dono di Carlo Magno del porto e delle acque del Po al Vescovato di Cremona. 11 primo placito fu tenuto sotto la presidenza di Adalgiso, conte e messo imperale espressamente mandato dall'imperatore Lotario, ad istanza del vescovo Panocardo. Più di trenta persone, tutte nominate e sottoscritte nel documento citato dal vescovo, giurarono di aver M'duto il diploma di Carlo Magno (die concedeva al vescovo Stefano molti beni spirituali e temporali, i quali passarono in possesso dei suoi successori. Nel secondo documento, rinnovatasi dopo dieci anni la stessa qnìstione, un altro messo imperiale, Teodorico, mandato da Lotario, tenne un nuovo placito, ove, col mezzo di giudici idonei, conferma In stessa sentenza in favore del veneziano Benedetto, nipote di Panocardo: sentenza, che dopo le opportune