Cremona
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e tenute dai Greci nel 602, nel luglio dell'anno appresso mosse su Cremona, ove si erano nel maggior numero rifugiati i Bisantini cacciati dalle anzidette città. L'assedio a Cremona fu messo da Agilulfo con tutto il rigore possibile; ina del pari ostinata e forte fu la difesa dei Greci e dei Cremonesi. Per più d'un mese si combattè tutti i giorni tra assalitori ed assediatiti; finché, al 21 agosto 603, le mura non potendo più resistere al cozzo degli arieti, apertasi la breccia da varie parti, più di ventimila Longobardi entrarono in brev'ora in Cremona e cominciarono un terribile lavoro dì saccheggio, d'incendio, di demolizione, di carneficina, clic non ha riscontro se non in quello compiuto un secolo prima dal goto Uraja in Milano. E ciò per coniando espresso di Agilulfo, il quale passò alla storia con fama di uomo mite ed equo; ond'è a sup-porsi che la valida resistenza opposta da Cremona lo avesse fuor di modo inasprito od irritato, o che la necessità politica di terrorizzare i nemici con un esempio, lo inducesse a quell'eccidio. Infatti, subito dopo la caduta di Cremona, Brescello e Vul-turina, terre tenute dai Greci, si arresero tosto ai Longobardi e Mantova capitolò a condizione di lasciar libera strada sino a Ravenna al presidio greco.
Non solo, dicono gli storici, come il Dragoni ed il Muratori, Cremona fu in quella contingenza totalmente distrutta, ma per ordine espresso di Agilulfo fu impedito ai suoi abitatori dì riedificarla; cosicché questi, spogli d'ogni cosa, furono costretti a ramingare per le terre vicine, nascondersi nei boschi e vivere come banditi alla campagna. Qualche storico vorrebbe da questo esodo doloroso dei Cremonesi dalla loro patria dedurre le origini di Crema e di Casalmaggiore e d'altre terre del Cremonese e del Lodigiaiio; ma su ciò ed in ispecie per quello che riguarda Crema vanno fatte, come si vedrà a luogo opportuno, delle riserve. Questo rigore dei Longobardi verso i Cremonesi si mitigò alla morte di Agilulfo, e la regina Teodolinda, per intercessione del vescovo Anselmo, diede facoltà ai Cremonesi di ritornare al loro luogo, rialzare le mura, le chiese e tutti i distrutti editizi della città: il che si diedero tosto a fare con grandissimo ardore i già profughi cittadini, aiutati in danaro ed in braccia dalla pietà delle città vicine. E interessante desumere dalle notizie dell'accurato storiografo cremonese Dragoni quale fosse press'a poco il circuito occupato da Cremona in quel periodo: « Incominciando — egli scrive — i Cremonesi a fabbricare alcune case nei contorni dell'attuale San Michele Vecchio e piegando quindi al luogo ora detto San Vittore, e costeggiando il canale Rodano, ossia la Cremonella, dai luoghi detti San Vittore, San Mattia, San Leonardo, SanV Agostino, Sant' Omobono e Santa Lucia, e di là, per gli altri ora detti San Pietro, Sant'Angelo, Sant'Erasmo, Santa Maria in Betìdem, ritornando a San Michele, formarono l'estremo contorno della nuova Cremona, che fu circolare, e nel cui centro sorsero poscia la Cattedrale, il palazzo Reale e gli altri siti pubblici e le case dei principali cittadini, che quasi raggi dello stesso circolo estendevansi dalla piazza ch'era nel centro agli estremi contini dei siti ora detti Santa Lucia, San Pietro, Sant'Angelo e Sant'Erasmo ».-
Da ciò è evidente quanto ristretto fosse il cerchio della città riedificata nel 615 e conseguentemente quanto fosse stato grande lo sterminio d'Agilulfo,essendo accertato che neppure tutto quello che in questo giro coniprendevasi era abitato. Ma l'incremento della risorta città fu rapido, e già nello scorcio del secolo VII la troviamo governata, come le principali città del regno longobardo, da un duca; sembra che questi duchi fossero dati a Cremona dal re Rotari e che il primo di essi sia un tale Alecliit, al quale succedette un Liutprando, morto questi sulla fine del secolo stesso e surrogato da un Eriprando. Qualche cronista locale lui diffusa la voce che in quel periodo anche ni Cremona si battesse moneta. Ora ciò non ha fondamento dì verità, essendo ben noto e stabilito che nel regno longobardo battevano moneta le sole città di Milano, Pavia, Lucca, Treviso, Benevento e fora'anco Spoleto. Altra panzana spacciata dagli antichi cronisti mantovani, ed accolta anche da qualche storiografo cremonese, è quella