Cremona
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della città tutto il terreno che fu scavato è vergine. Solo dal lato delle vie Postumia e Bedriacense eranvi nei luoghi sulmrbani — secondo afferma uno storico assai autorevole, Tacito — amenissime ville e palazzi. Fu centro di commercio floridissimo e vi fu stabilito uno di quei mercati periodici ad ogni nove giorni, detto dai Romani Nundinae e ferie, perchè i coloni dalla campagna si recavano alla città, onde trattarvi dei loro negozi e a provvedersi di merci; mercato, al dire di Tacito, frequentato non soltanto dai popoli della Cisalpina, ma da ogni parte d'Italia.
Dei templi posseduti da Cremona è rimasta memoria scritta soltanto di un'ara a Mefite ; ma se nella città esistevano are e delubri per le divinità minori è lecito supporre che non mancassero templi alle divinità maggiori, specie quelle per le quali i Romani prestavano maggior venerazione, come Saturno, Cibele, Giove, Apollo, Diana, Mercurio, Minerva, Marte, Giano, Ercole, Bacco e Cerere, ed iscrizioni invocanti queste divinità furono in varie circostanze rinvenute negli scavi fatti tanto in Cremona quanto nell'agro circostante.
Costante è rimasta la tradizione nel popolo cremonese, che dove ora sorgono il Duomo ed il Battistero, sulla piazza del Comune, sorgesse un grandioso tempio ad Ercole: tradizione avvalorata dal mosaico sotterraneo del Camposanto e da frammenti di lapidi e di statue rinvenute m quella località. In una casa della vecchia via Lon-gacqua si rinvennero, scavando il cortile, un capitello ed un troncone di colonna in marmo cipollino con monete varie d'oro, d'argento e di bronzo. Gli attributi scolpiti nel capitello son quelli del culto a Cibele. Le scolture di questo capitello, prezioso monumento rimasto dell'arte pagana in Cremona, ricordano quelle dell'Arco di Settimio Severo in Roma : il che ne farebbe, per ravvicinamento, risalire la costruzione all'anno 70 di C. e 821 ab u. c. Anche Minerva aveva un'ara in Cremona e probabilmente nelle vicinanze della Cattedrale, nella località detta Camposanto ; a Marte sembra sorgesse un tempio nella località ove più tardi sorse la chiesa di San Martino ; infine altro alla < opaca Mephite », e del quale è rimasta memoria scritta, sembra sorgesse nella parte orientale della città, ove allora erano vasti e non grati gli impaludamenti formati dalle frequenti i[inondazioni del Po. Sembra che la maggior parie di questi templi fosse atterrata nel saccheggio dato da Attila alla città, e gli ultimi loro avanzi cadessero nel successivo eccidio, patito, come più avanti si vedrà, da Cremona sotto il regno di Agilulfo, longobardo.
Al tempo di Roma, Cremona possedeva bagni, teatri, macelli; un vasto anfiteatro ed un altro eretto dalla legione tredicesima per darvi giuochi bellici e gladiatori alla presenza di Vitellio Cesare. La città possedeva allora una riputata Scuola di lettere e filosofia, nella quale erano precettori i Cremonesi Mario Furio Bibaculo, poeta elegantissimo ; Quintilio Varo, amicissimo di Virgilio e di Orazio, critico assai lodato: il grammatico Postumo, l'epicureo Sirone, il filosofo Catio, Uscirono da questa scuola Publio Alfeno Varo, celeberrimo giureconsulto e console romano nell'anno 745 di Roma e 38 avanti l'èra volgare, padre di Publio Alfeno Varo console con Vicrino Nepote; Publio Virgilio Marone, nativo di Andes (Pietole), piccola terra non lungi da Mantova, che a 7 anni cominciò i suoi studi in Cremona assieme al ricordato Alfeno Varo e li continuò fino a 17, dopo i quali passò in Milano ad indossare la toga virile.
Questo splendore, questa fortuna, questa ricchezza non impedirono a Cremona di passare momenti tristi, quando, ucciso Cesare in Senato agli idi di marzo nell'anno di Roma 710 e formato il famoso Triumvirato, continuatore della politica cesarea e dittatoriale, che doveva portare all'Impero, Cremona, come il maggior numero delle città cisalpine, seguì le parti di Bruto, ch'era stato pretore di questa regione e vi era, per la giustizia ed il liberalismo suo, assai'amato. Ma tutto volgeva a reazione in quel momento ed a precipizio per la causa della libertà. Sfortunati nella loro lotta contro i triumviri, Bruto e Cassio e gli altri difensori ultimi della libertà della Repubblica
SI4 — ILtt Patria, voi. II.