Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincie di Bergamo e Brescia', Gustavo Strafforello

   

Pagina (526/553)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (526/553)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Bergamo e Brescia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 540

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   500
   Appendice
   La pastorizia, stante la bontà e l'abbondanza dei pascoli, vi dovrebbe essere tenuta in maggior conto , ma il desiderio di più larghi e pronti guadagni fa vendere i foraggi e fa discendere i valligiani alla città e moltissimi ne fa emigrare, in America.
   Fra le industrie di maggior conto della vai di Ledro liavvi la lavorazione del ferro, cioè fabbricazione dei chiudi, bullette, bulloni, nonché degli oggetti più comuni d'uso domestico ed agricolo. La materia prima è ritirala tanto dal Bresciano quanto dal Trentino e gli opifici adibiti a siffatte lavorazioni sono mossi dalla corrente rapida del rivo Fonale, lungo il quale si trovano fra Mulina, Logos e Prò. Vengono poi : la lavorazione dei feltri por cappelli, che trova uno sfogo pei suoi prodotti nulle alte valli delle Giudicane e tirolesi; la fabbricazione del carbonato di magnesia, che si estrae dalla dolomia, la formazione principale della vallala. Questa industria, esercitata in quattro opifici : a Mulina, a Pieve, a Iiezzecca e ad Enguiso, seguendo gli ultimi perfezionamenti suggeriti dal progresso delle scienze chimiche ha raggiunto uno sviluppo considerevole; i prodotti della valle di Ledro gareggiano in perfezione e finezza coi prodotti inglesi; sono circa SUO quintali di carbonato di magnesiache si producono e si csjiortaiiu ogni anno da questa valle, con discreto incremento della ricchezza locale.
   * * *
   Sotto il riguardo storico la valle di Ledro non Ila molto risalto. La sua storia, modesta e semplice, si addossa nei tratti principali alla storia della regione della quale è parte. Nei tempi pi imitivi fu abitata da tribù dedite alla caccia, alla pesca, alla pastorizia. Costruendosi la strada carrozzabile che da Pieve di Ledro, costeggiando il monte Caret, conduce a Locca, si rinvennero, nel 1881., molti oggetti dell'età della pietra, sopratulto punte di freccio, selci acuminato ed affilate ad u^o di coltelli ed altri consimili oggetti. Poi agli uomini primitivi succedettero, o uiegliu, si sovrapposero gli Euganei ed a questi, alle prime immigrazioni celtiche che occuparono la Lombardia, seguirono i Celti Cenouiaiii, che tennero tutto il Bresciane e le sue alte valli. Più tardi venne la conquista romana, compiuta la quale tutta la regione venne assegnata alla tribù Fabia.
   In valle di Ledro 11011 mancarono i iiiunumeuti, le lapidi, i sepolcreti, le monete, die più tardi riapparvero alla luce del giorno per attestarci della pertinenza di ipiestu territorio al gran inondo romano. Nelle vicinanze di Tiarnu inferiore si mostrano alcuni grandiosi ruderi di muràglie annerite dal scoili e ricoperte di muschi, di edera, di ortiche, elio la tradizione popolar©, senza sentire il bisogno di contrullo, assegna all'epoca romana. Nella tanto famosa iscrizione della d Trofeo delle Alpi, conservataci da Plinio nel lib. ni, cap. xx, della sua Sloriu Haturak, tra le popolazioni debellate sotto 1 impero d'Augusto figurano per le prime quelle della vai Trompia e della vai Camonica, denominale Triuniplini e Camonii ; il popolo di Ledro — osserva il Giacomelli nella sua interessante monografia — vicinissimo a queste valli, non può aver eorso che il medesimo destino, a meno che non si fosse già prima spontaneamente arreso, e perciò non ricordato nel Tiofeo.
   Secondo alcuni, gli Ahiulrenses, dei quali talvolta Plinio fa cenno, non sarebbero altri clic gli abitanti di Ledro, posti dal Ferrari e dal Làser fra il lago di Carda e quello d'Idi». Il Maflei opina che il capoluogo degli Aluulrenses sia stato Lenzuuio o Legos, e ile dà per positiva la pertinenza, coinè Brescia, alla tribù Fabia.
   Le vicende della vallata nei tempi di mezzo sono assai oscure. Fu parte del Ducato longobardo di Brescia; sotto i Franchi passò gradatamente a far parte della contea feudale di Trento, indi del principato v'escorile di Trento. Il più antico documento riguardante la valle di Ledro data dal secolo N ed e un testamento del \escovu Natei'in di Verona del 928, dichiarante di possedere terre in Giudi earia e nel Comitato tridentino, a Tilarno, che si suppone essere, uno dei due Tiarno, all'estremità occidentale della valle di Ledro. In seguito, più frequenti negli Archivi Tridentini, si trovano i documenti trattanti di questa valle. Ne ricordiamo taluni dei più importanti. Nel 1159 Adalperto vescovo di Trento — prova die l'autorità vescovile, anche quivi si era da lunga mano sostituita colla dominazione temporale a quella feudale, dei conti — pubblicò un ducuniento redatto nella chiesa di San Michele a Ri-va, nel quale, facendo ragione alle lagnanze degli uomini di Ledro ivi convelluti contro gli esattori dei tributi, enumera le rendite die la vu 1 le doveva consegnare al vicario del vescovo sul menato di Riva. Nel 1210 Ulrico, signore d'Arco, con atto pubblico consegnava al vescovo ili Trento, Federico