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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Bergamo e Brescia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 540

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondario ili Bergami
   SI
   giurare liberamente ed impunemente. Ma frattanto, onde sugli infelici Milanesi già percossi dall'ira di Barbarossa non si aggravassero nuove vendette, fu insinuata nell'atto la famosa clausola: salva lanieri fidelitate ùnpercrforis Frederici; « ma questa frase — come giustamente osserva anche il Romussi — devesi intendere come un sotterfugio imposto dal timore, come la polvere da gittarsi negli occhi di Federico ove fossero stati traditi ». E gli atti successivi della Lega sono, uno per uno, tutti là ad affermare nobilmente e vigorosamente la verità di questo asserto. 1 firmatari di quell'atto che ha sì grande importanza nella nostra storia medioevale furono:
   De Cremona: Albertonus Musa de Tordo, Ospertus Cervus, Albertus Struersius.
   De Mediolano: Otto Vicecomes, Confanonerius de Aliale, Albertus de Cara te, Rogerius Marce-linus, Mainfredus de Sexto, Albertus Longus, Malfìliozius de Armenulfis.
   De Pergamo: Bertrarn Noxa, Ioannes de Predengo.
   De Brisia: Ioannes de Calapino, Ioannes de Ponte de Carate, Girardus de Bugnole.
   De Mantua: lacopus de Adeleita, Raimundus, Redulfus de Azanello.
   Questi due Congressi preliminari, nei quali erano gettate le basi degli accordi, dovevano avere per conseguenza un terzo convegno, nel quale s'avesse a decidere dell'azione della Lega.
   Chi, secondo la tradizione, avrebbe promossa la radunanza di Pontida fu finamente da Viniercate, al quale il Corio fa sostenere la parte d'agitatore principale della Lega. È però da osservarsi che il nome ili questo valoroso cittadino compare nelle memorie milanesi solo nel 1171 e, nei varii documenti sino a noi giunti, quale firmatario degli atti del Congresso di Venezia nel 1177 e della pace di Costanza nel 1183.11 Sigonio ed il Corio, affermanti che il terzo Congresso fu tenuto a Pontida, ne assegnano la data al 7 aprile 1167; il Giulini, che di questi due storici segue le orme, opina che essi abbiano -i tratta tale notizia da buon luogo ». Le lapidi già ricordate, esistenti nell'abbazia, confermerebbero la tradizione, che di un fatto tanto importante era rimasta e nel convento medesimo, tra i frati e nel luogo, lungamente serbata dal popolo. Anche il Ronchetti, acutissimo vagliatore delle cose bergamasche, esaminata l'opinione del Corio e del Sigonio e fondandosi sulla testimonianza del monaco Ila-rione, autore della Vita di San Guidino, arcivescovo di Milano, proprio in quel fortunoso momento fissa il terzo e più importante convegno dei collegati in Pontida per il 7 aprile, e dice che v'intervennero Bresciani, Cremonesi, Mantovani, Ferraresi, Bergamaschi, gli inviati della Lega della Marca di Verona e d'altre città. « Vi si fece, soggiunge l'accurato storico bergamasco, il quadro della tirannia ed oppressione con che tutte queste Provincie erano iniquamente soperchiate e fu stabilito di volere piuttosto morire una volta con decoro che vivere in sì grande miseria e disonore ».
   La tradizione attribuisce a Pinamonte da Vimercate un discorso foggiato sui versetti dell 'Ecclesiaste, nel quale fra l'altro, per dimostrare la necessità della concordia e della Lega, era detto: « Due vagliono meglio ili uno solo; se alcun vìnce l'uno, due gli resisteranno ; anche il cordone a tre fili non si rompe prestamente ed ognuno avrà buon premio della sua fatica ». In difesa di Biffano, contro le sue precedenti guerre, qualcuno forse aveva fatti appunti, egli avrebbe detto: « Se Milano, nel furore delle discordie, talvolta fu duro martello ai suoi vicini, servì più spesso ancora come di scudo a tutta Italia contro quella boreale prepotenza ».
   Fu quindi deciso da tutti a tosto concorrere a rilevare le mura di Milano e rimettervi i dispersi abitatori, ad obbligarsi con scambievole difesa e a giurare i pericoli e i danni di ciascuna città esser di tutte. « Primo passo all'ammenda ¦ - scrive Cesare Canta rifacendo la storia della Lega Lombarda — è riconoscere il proprio fallo; secondo il ripararlo. E perciò le città convennero di rifabbricare tutte insieme quel Milano che tutte avevano distrutto; appoggiata una mano alla spada, l'altra stesa ai fratelli conobbero la potenza dell'unione ».