Bergamo
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prima e da Avignone poscia, tutte le volte che era segnalato un trionfo della parte ghibellina fioccavano sulla città a turbare le coscienze, a eccitare gli spiriti, a mettere nuova esca al fuoco delle discordie generali, durò per buona parte del secolo XIII e pel principio del XIV.
Dopo la venuta di Arrigo di Lussemburgo imperatore, tanto auspicata dai Ghibellini italiani e tanto delusoria per tutti, essendo stati debellati in Milano i Torriani, ed i Visconti, col favore dell'imperatore, consolidati nel dominio della città, questi stesero l'ugne anche sulle città e terre circostanti : e Bergamo, benché insofferente, dovette piegarsi al loro dominio per i raggiri e le prepotenze dei loro amici, i Colleoni e i Da Rivola, che colla mutata fortuna avevano preso predominio sulla città. Senonchè, calato in quel turno in Italia Giovanni di Lussemburgo (figlio di Arrigo VII) e re di Boemia, chiamatovi dai Bresciani e da altri Italiani malcontenti degli Scaligeri. col proposito di farsi gridar re e coronare imperatore, onde supplantare ii Bavaro che sì triste prova e nome sì odioso aveva lasciato fra noi, i Bergamaschi, visto che quello straniero aveva con molta saggezza regolate le cose di Brescia, volendo ad un tempo sottrarsi alla signoria non gradita di Azzone Visconti e desiderosi di ristabilire la pace fra le mura della loro città, lo invitarono con una specie di dedizione fra di loro. Il re di Boemia, che pei suoi fini mirava a formarsi un forte partito in Italia ed a tirar su danaro per pagare le truppe e gli avventurieri da cui era seguito, accettò l'invito, entrando trionfalmente, ricevuto con sommi onori dal clero, dalla nobiltà, dal popolo.il giorno 4 febbraio 1331 in Bergamo. Subito si mostrò animato dalle migliori intenzioni. Il giorno dopo, nel generale Consiglio, fu acclamato insieme ai suoi figli signore perpetuo della città, stendendosi di questa dichiarazione atto pubblico per mezzo di notaio. Nei giorni che seguirono, presa l'amministrazióne della città, ordinò che, demolite le mura dalla parte alta, fosse fabbricata una fortezza o rocca a presidio della città medesima; che non si parlasse o disputasse più di fazione alcuna, guelfa e ghibellina, Bianca o Nera, Suarda e Colleona, e tanto per cominciare fece cacciare i Guelfi e loro partitanti. Proibì ogni giuoco all'infuori degli scaccili e simili ritenuti non dannosi; emanò pure misure contro i bestemmiatori, bandì le donne pubbliche e prese altri provvedimenti atti a guarentire l'ordine ed assicurargli meglio la città nelle mani.
Una certa stanchezza, rivelatasi negli Italiani per le continue discordie dei nobili e l'intolleranza — ancora abituati com'erano alle libertà comunali — del giogo visconteo e d'altri signorotti, procurarono a Giovanni di Boemia le dedizioni e lo ambascerie di altre città; onde cominciato un viaggio, che si può dir trionfale, per l'Emilia si recò a Lucca e di là passò ad Avignone, affine di assicurarsi dal pontefice per la meditata sua esaltazione all'Impero in luogo del Bavaro. Partendo d'Italia Giovanni di Boemia nominò vicari suoi nelle principali città e fece venir Carlo, giovinetto suo primogenito sotto la tutela del conte Lodovico di Savoia. Vicario del re di Boemia in Bergamo fu Guglielmo di Castelbarco, ed in questa città dimorò ancora per parecchio tempo il giovane principe, luogotenente del padre col conte di Savoia suo consigliere.
Allarmati dalla fortuna del re Giovanni di Boemia, considerato come un intruso nelle cose loro, i signori italiani, i Visconti, gli Scaligeri, gli Estensi si strinsero in lega per tagliargli la strada al suo ritorno; mentre il Bavaro, insospettito dai suoi maneggi presso il papa, gli suscita la ribellione e la guerra negli Stati di Boemia per opera del duca d'Austria, dei re di Polonia e d'Ungheria. Giovanni, avute buone assicurazioni dal papa, fu costretto a rifare cammino; ma giunto in Italia trovò le città, che prima gli si erano offerte, o ribelli o tenute dai suoi nemici. Bergamo era rientrata nella potestà di Azzone Visconti, che vi aveva collocato a podestà Pinalla Aliprando di Monza, uomo di grande avvedutezza e valore. E proprio sotto le mura di Bergamo si decise la sorte di cotesto effimero re ; poiché, volendo egli riprendere
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