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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Bergamo e Brescia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 540

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Bergamo
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   elaborazione, il rivelarsi delle organizzazioni comunali e lo scomparire nelle città d'ogni traccia dell'autorità feudale. Bergamo subisce in questo periodo la legge all'è connine a tutte le altre città lombarde; man mano che la potenza vescovile si estende e si impone nella città, si attenua e si restringe l'autorità feudale dei conti e dei viceconti, si allenta con questi sempre più il legame che \ incoia la città alle organizzazioni della tradizione regia ed imperiale. — Contemporaneamente, allo svolgersi della rivoluzione vescovile, nella città si manifesta e si sviluppa un'altra forza, non calcolata dagli organizzatori feudali, la forza popolare, della quale i vescovi si servono per contrapporsi ai conti, ai feudatari. Ma venne anche il momento fatale, inevitabile, nel quale la forza popolare, ridestata dai vescovi contro l'autorità feudale, si trova ad essere arbitra della situazione, padrona del campo ed allora si impone agli uni ed agli altri colla organizzazione del Connine. Così, mentre l'autorità comitale tramonta completamente in Bergamo, nel 1101, con Reginario, conte di titolo e 11011 di autorità, sorge il Comune, che sin dal 1109 ha i suoi consoli nelle persone di Ilipaldo de' Capitani di Scalve, Gualberto di Alterio, Ulrico Suardo, Oddone, Ambrogio di Gorlago e Giovanni Fidane.
   Col Comune Bergamo prende una posizione importante nella politica lombarda del XII secolo. L'elemento popolare ha generalmente il predominio nelle vicende della vita comunale, che quasi sempre si atteggia a ghibellina, specie quando l'essere ghibellina significa dar guerra alla feudalità, ai privilegi nobiliari. Una grande giustizia, un grande equilibrio sembra regnare nelle cose di Bergamo durante il primo periodo della sua vita comunale; infatti quivi 11011 è segno delle discordie, delle fazioni, dei contrasti che in altre città sono presto notati ; anche le guerre vicinali cominciano per Bergamo assai più tardi che per altre città, e solo nel 1146 la troviamo in conflitto, per ragioni di conimi, con Brescia: conflitto che si rinnova dopo dieci anni per i castelli di Volpino, Ceradello e Caolino, più serio ed aspro che non nella prima volta. Vertendo sempre la questione per quei castelli, che i Bergamaschi avevano occupati e tenevano, sui quali i Bresciani ed in particola!' modo la loro Chiesa vantavano diritti feudali, questi mandarono a Bergamo un'ambasceria domandando la recessione dei castelli. Ma i Bergamaschi ricevettero con mal garbo gli ambasciatori e, quando questi esposero le domande della loro città, diedero in allegre e scherni-trici risate, poi li licenziarono. Ritornati a Brescia gli ambasciatori narrarono coloritamente come erano stati ricevuti dal popolo bergamasco, laonde 1111 grande fermento vi fu in tutta la città e si deliberò, poiché le ragioni 11011 valevano, di ricorrere alle anni Incontanente fu spedito a Bergamo 1111 araldo per dichiararvi la guerra e, nello stesso tempo, chiamati a raccolta gli uomini della città e del contado atti alle armi, i Bresciani mossero verso Bergamo accampando nei dintorni di Palazzo. Furono proni! — narra il Sigonio — i Bergamaschi ad accorrere alla difesa e piantarono il loro campo di fronte al nemico. All'indomani, prima domenica di marzo, i due eserciti vennero a battaglia. I Bresciani, che al riferire del cronisti concordi, erano in maggior numero e meglio agguerriti dei nemici loro, poterono, sebbene questi si difendessero con accanimento, aver la vittoria. Grande fu il numero dei morti dall'una parte e dall'altra, e se si può prestar fede ai cronisti del tempo tendenti all'amplificazione, i soli Bergamaschi lasciarono 2500 uomini morti sul campo ed altrettanti prigionieri in mano dei Bresciani ; ma anche le cifre sono senza dubbio eccessive. 11 Muratori narra che i Bresciani restarono padroni anche del maggior gonfalone della città di Bergamo, cui portarono come trofeo di vittoria alla chiesa dei loro protettori Faustino e Gioviti. In seguito a questo fatto fu subito trattata e concliiusa la pace; i castelli in questione, che i Bergamaschi dicevano d'avere di buon diritto acquistati da 1111 tale Brusiate, furono ceduti a Brescia, dal quale Brusiato li ripeteva. La pace venne conchiusa e firmata il 21 marzo fra Muro e Telgate presso la chiesa di San Michele, presenti