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Parte Seconda — Alta Italia
disposizioni ed incuorando le truppe all'assalto, furono appressate alla città le catapulte, le macchine degli arieti, le torri pei saettatori e fronibolieri: sicché un nuvolo di strali, di sassi, di palle di pietra lanciate dai mangani oscurava il cielo. — Ne, dice il Vichingo suddetto, i Bergamaschi furono lenti alla difesa, poiché rispondevano agli assalitori facendo cadere su di essi un'impetuosa gragnnola di dardi, di saette, di pietre ed altri anni volanti, da indurre più volte allo spavento gli assalitori. Una nuova schiera del numeroso esercito di Arnolfo, subentrando a quelle già stanche e decimate, diedero tempo ed agio agli arieti ed alle macchine di lavorare; onde, ad un certo momento, un tratto delle mura scalzate dalle fondamenta crollò con orribile fi-agore lasciando aperta la breccia per la quale fu pronto a lanciarsi il crescente fiotto degli assalitori. « S'alzò — narra Vichingo, testimone oculare — un altissimo grido dei cittadini che stavano alla difesa e, non potendo sostenere l'assalto, dieronsi alla fuga, mentre gli assalitol i, vinto ogni riparo, entrati nella città, spazzarono per ogni dove col ferro, rovinarono torri e mura; misero a sacco ogni cosa, non perdonando a templi, a sacerdoti, a sacre vergini ed ogni casa riempirono di rumore, di sangue, di pianto Il conte di Bergamo, Ambrogio, che aveva sostenuto la difesa con pochi fidi, si era ritirato in una torre, ove continuava ancora la resistenza ostinata. Ma preso al fine fu, su ini improvvisato patibolo, appiccato e squartato. Sua moglie, i figli, il suo tesoro furono presentati come bottino al re Arnolfo. Il vescovo Adalperto, con gian numero di canonici ed altri ecclesiastici d'ordine primario furono incatenati e condotti prigionieri al campo del re. Dei luoghi sacri nessuno fu risparmiato, neppure l'antica basilica cattedrale di Sant'Alessandro, clic allora era fuori delle mura, nella quale i vincitori commiscro ogni eccesso e di cui venne incendiato il soffitto, ch'era in legno e vetustissimo. Numerose le case incendiate e distrutte, specialmente le sagrestie delle chiese e dei conventi, ove le soldatesche speravano trovare oggetti preziosi e danaro; perciò è facile supporre che il gran vuoto in fatto di documenti locali, riscontratosi nella storia bergamasca, sia stato causato ila codesto memorando eccidio. L'esempio dato a Bergamo fu salutare perle altre città lombarde e dell'Emilia parteggiatiti per Guido da Spoleto, le quali s'affrettarono tosto a mutar parere e ad aprire le porte ad Arnolfo di Carinzia. l'or molti unni Bergamo risenti del grave danno ili questo avvenimento, segnante una delle più dolorose pagine nella sua storia di città autonoma.
Nò erano rimarginate le ferite lasciate alla città da quell'eccidio, che essa fu nuovamente saccheggiata dagli Unga ri, inconsultamente chiamati da Berengario a sostegno della sempre e più che mai vacillante corona, contesagli anche da Arnolfo di Carinzia, fattosi gridare re d'Italia ed imperatore. Cosi vi fu 1111 momento in codesto tristissimo secolo IX, nel quale si contendevano le. spoglie della misera Italia tre imperatori e re: Arnolfo di Carinzia, Berengario del Friuli e Guido da Spoleto!
Queste ed altre vicende, troppo note per essere qui ripetute, della politica nefasta di quel secolo e del susseguente, indebolendo nell'animo della popolazione ogni fede, ogni amore, ogni rispetto per l'autorità civile, portarono alla rapida decadenza fra noi degli ordinamenti feudali, mal tra piantati qui dalla dominazione carolingia e mal funzionanti — e fu granile fortuna, poiché da questo momento comincia il periodo di risollevamento morale e materiale del paese. Crebbe invece, rafforzato dal sentimento religioso, il prestigio che i capi della. Chiesa, i vescovi, avevano saputo conquistare e, profittando delle occasioni propizie, affermare. Entriamo, così a Bergamo come nel rimanente della Lombardia, nel periodo che il Ferrari, il Sismondi ed altri storici moderni, all'esame cronologico degli avvenimenti accoppiatiti la profonda indagine filosofica delle ragioni morali e materiali, dirette ed indirette che li determinarono, qualificarono perii periodo della rivoluzione vescovile. Dalla metà del X secolo, più sì procede avanti per l'XI secolo, questa rivoluzione si accentua, si afferma, si svolge e si compie, dando per risultante logica ed irresistibile della sua lunga