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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   150 Parte Seconda — Alla Italia,
   Storni della Scoltura, cosi si esprime: « Quanto al gusto di esecuzione, nessuna opera di marmo pareggia il sapore con cui furono trattate quelle di plastica, delle quali è ornato uno dei piccoli claustri interni adiacenti a questo tempio, chiamato il chiostro della Fontana ». Dello, spazioso n'ò il porticato sulla parete di fondo del quale, si veggono avanzi di pitture e decorazioni più o meno antiche, ma prevalentemente del secolo XVII. Nel mezzo del lato meridionale s'apre, con un grande arco, il passaggio al chiostro grande — del quale accenneremo tra breve. Sulla destra di questo passaggio havvi un ampio lavabo decorato in terracotta, abbastanza ben conservalo.
   Dal porticato del piccolo chiostro, specie riallacciandosi tra il lato meridionale e l'occidentale, si abbraccia con un solo sguardo la imponente fiancata sud del tempio ; dalle edicolctte soprastanti alle divisioni delle cappelle, disegnate dall'Alessi, agli archetti che contornano l'alzata delle navate; al triplice ordine di loggie che attornia il tiburio e la cupola fino alla sommità estrema del cupolino, per vero direi non troppo intonato alla sottostante parte dell'edifizio, si vede pure il lato sud della navata trasversale terminato a cuspide con leggiere edicolette ai piloni terminali ed al vertice della cuspide; col susseguirsi degli archetti montanti della sacramentale loggelta coniacina, che sormonta il finestrone da cui la navata in alto prende luce. É lutto un susseguirei di linee, or fantastiche, or gravi e solenni, ora svelte e leggiadre, con soluzioni inattese ed eleganti, con effetto complessivo, armonico, grandioso, sorprendente (fig. 32). L'occhio non si stancherebbe mai dal contemplare il fianco maestoso del tempio spiccante nella trasparenza opalina, quasi sempre vaporosa del cielo, colle sue tinte di mattone infuocato; coi merletti delle sue bianche colonne di marmo, colle linee ininterrotte delle sue cordonature, collo slancio arditissimo delle sue cuspidi, delle infinite edicolette, dei pinacoli conici sottilmente aguzzi, quasi volessero significare l'ultimo addio dell'arte gotica, che, da noi trasformata e vinta dal radioso Rinascimento, s'involava per ritornare fra le brume del nord, dalle quali era uscita venendo a noi.
   Dal piccolo chiostro si accede nel suntuoso Refettorio, per vero dire contrastante col tenore di vita che la regola di San Brunone imponeva agli abitatori del cenobio. Il refettorio è opera del secolo XVI, il salone è vasto e ricco di bella architettura. Le pareti fino ad una certa altezza sono tutt'all'intorno rivestite da una superba decorazione iri legno intagliato. La vèlia a lunette è opera in parie del Bergognone. In una grande medaglia nel mezzo a fondo dorato è l'immagine della Vergine mentre sta allattando il figlio. Sulle pareli di sfondo è un grande affresco rappresentante la Cena degli Apostoli, eseguito nel 15(37 da Ottavio Semino, pittore genovese, che l'Alessi si era tratto dietro per le decorazioni del palazzo Marino, nel cui salone anche oggidì si vedono ottime pitture che ci fanno risalire col pensiero agli affreschi stupendi di Pierino del Vaga nel palazzo di Andrea Doria, a Fassolo.
   In una sala attigua al Refettorio all'uopo predisposta, si cominciarono a riunire nel 1802, a guisa di museo, frammenti interessanti di scolture ch'erano dispersi nelle varie parti della Certosa, disegni ed altri oggetti. In una cassetta di cristallo stanno raccolti i cimelii che si cstrasscro dalla tomba di Gian Galeazzo Visconti, nella ricognizione del 1890 fatta dal prof. Magenta, unicamente per accertare la sepoltura del duca, che lutti gli storici pavesi mai dissero tumulato nel mausoleo. Interessano pure come studi comparativi i disegni appesi alle pareti, per la costruzione del palazzo ducale, ed i progetti pei' il compimento della facciata secondo gl'intendimenti del secolo barocco. Il buon senso dei monaci, più che le strettezze finanziarie, salvò il tempio da siffatta profanazione.
   Nell'andito di comunicazione fra il piccolo ed il grande chiostro havvi il locale dell'antica ¦biblioteca ilei Certosini ; i volumi della quale, tra cui molti codici ed incunabuli preziosi, furono nello scompiglio del 1782, insieme ai famosi corali ed antifonari, trasportati nella allor nascente biblioteca di Brera. I corali e gli antifonari ritornarono: i codici e gl'incunabuli rimasero. Gli scaffali dell'attuale biblioteca della Certosa sono per la maggior parte riempiti da una miscellanea ili opere moderne, raccolte nel nostro secolo, da quando cioè furono intorno il 1843 riammessi i Certosini, a quando negli ultimi anni furono rimandati ed il monumento venne tolto al culto. Nulla di notevole ili quella raccolta di opere, per la massima parte di carattere ascetico.
   Il grande chiostro della Certosa di Pavia è senza dubbio il maggiore di quanti esistono oggidì in Italia. È mi amplissimo rettangolo del quale i due lati massimi hanno 125 metri di lunghezza c