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Parte Seconda — Alla Italia
quell'insieme armonico ed elegante, clic la rende ammirata fra i grandi capolavori dell'architettura italiana. Anzi oggidì si crede che l'aver affidato ai Mantegazza il lavoro della facciala equivaleva ad abbandonare il concetto architettonico semplice c costruttivo del Solari, alla libera interpretazione di artisti che erano, dalla loro stessa perizia, portati a far prevalere la decorazione scultoria più fina o squisita sulla composizione architettonica. Epperù nel mentre ai Mantegazza ed all'Amadeo si dà il merito della costruzione dell'attuale facciata, almeno nella parte inferiore ricchissima, si ritiene che il disegno della facciata, quale era stata concepita dal Solari, si può riscontrare nel modello del tempio che Gian Galeazzo offre alla Vergine, nel grande affresco del Borgognone, nell'abside clic chiude il braccio a nord della navata trasversale. Non è certo, ma è probabile che a sostituire Gui-niforte nei lavori della Certosa sia andato d figlio Pier Antonio, d quale peraltro alcuni anni dopo andò in Russia chiamatovi da quella Corte. Alcuni ritengono che il continuatore vero di Guinifurte sia stato Cristoforo Mantegazza, valentissimo scultore, cresciuto alla medesima scuola e che lavorava nei marmi della facciata; ma è certo che il Mantegazza mori nel 1482, un anno dopo Guiniforte; quindi l'opera sua non può avere avuta grande influenza su quella lasciata incompiuta da Guiniforte. Nè è supponibile che l'Amadeo, all'infuori delle scolture accollatesi, vi abbia posta mano, poiché nel 1481-82 egli non lavorava più alla Certosa, sibbene a Cremona, a scolpirvi l'arca dei Ss. Marta e Mano, per la chiesa, or soppressa, degli Olivetani, arca che fu scomposta e trasportata nel Duomo per formarne i due pulpiti.
Tacciono per qualche anno le carte della Certosa sui lavori della facciata; ma negli ultimi anni di quel secolo, che in modo si calamitoso doveva chiudersi per la Lombardia, si ha una nuova effervescenza di notizie e di lavori. Una annotazione degli atti dei deputati alla fabbrica del Duomo di Milano, nel 1494, dà notizia della somministrazione di una grossa partita di marmi di varie specie « per lafazatade la (jìexia d'epsa Gartusia ». — L'avvento di Lodovico il Muro alla suprema potestà del Ducato ed il gusto della munificenza e delle arti da questo principe — politicamente nefasto agli interessi dei suoi Stati e dell'Italia superiore — creò unperiodu di grande attività intorno alle due fabbriche allora di maggior conto in Lombardia, il Duomo di Milano e la Certosa di Pavia. Sono spinti alacremente i lavori della facciata, c nello stesso tempo, per riattaccare la intrusa sua signoria alla tradizione viscontea, Lodovico pensa d'erigere nella Certosa un mausoleo alla memoria di Giovanni Galeazzo Visconti, suo arcavolo e fondatore della Certosa è vero, ma ciò clic più premevagli, anche del ducato. Mandò all'uopo, nel gennaio del 1494, Jaeopino de Bonis a Carrara, con commendatizie per il marchese Malaspina, signore di Fosdinovo e della Lunigiana, a provvedersi in quelle cave dei marmi necessari. Un editto dello stesso duca, in data del 10 maggio 1494, dichiara esenti d'ogni dazio e gabelle nel transito per lo Stato, tutti i marmi, graniti e materiali occorrenti per i lavori della fronte della Certosa di Pavia e del mausoleo a Gian Galeazzo Visconti. Il duca, avesse o no il presagio della non lontana catastrofe della sua potenza, voleva veder finita e presto la grande opera ; perciò, a sostituire il Mantegazza, morto nel 1482, mandò Cristoforo Solari, detto il Gobbo, senza dubbio uno dei più vigorosi artisti del Rinascimento lombardo <£ uomo — come dice la lettera ducale al Priore — provato per ingegno e per arte », Non fu lunga la permanenza del Solari ai lavori della Certosa, perché nel 1497 lo si vede già in Milano occupato nella chiesa delle Grazie a lavorarvi il mausoleo per Lodovico il Moro e Beatrice d'Este; donde passò nel 1504 come scultore alla fabbrica del Duomo, di cui nel 1500 è nominato architetto c ingegnere. Però la sua presenza diede un grande slancio ai lavori della facciata della Certosa, che una lettera di Bartolomeo Calco, del 1° maggio 1499, quattro mesi prima della fuga di Lodovico il Moro, dà per esser a presto presso al fine ». — Contemporaneamente lavorarono al compimento della facciata, gli scultori Antonio Aniadoo, Benedetto da Briosco, Antonio della Porta detto il Tramagnino da Porlezza, Giovanni Stefano da Sesto, Antonio Romano, Biagio Vairone, Francesco Pioltello, Ettore d'Alba, G. B. da Sesto, Francesco Briosco figlio a Benedetto, Paolo da Sesto, Angelino da Somma ed il famosissimo Agostino Busti, detto il Bambaja, e del quale sono i meravigliosi bassorilievi che ornano la porta del tempio. E mentre questa valorosa pleiade d'artisti lavorava febbrilmente di scalpello, Ambrogio da Possano detto il Borgognone, lavorava con pari attività nell'interno a decorare le vòlte delle navate e delle cappelle ed a dipingere quadri per gli altari e per la sagrestia. Non pulevasi dare, nello scorcio del