1UL»
Parte Seconda — Alla Italia
del 1061, nelle vicinanze di Siziano e precisamente nella località che ancora oggi, per tradizione, è detta Vampo Morto. Poi a brevi intervalli, ma sempre accanite, tali guerre si rinnovano nel 1107, nel 1109, nel 1129, nel 1131, e quando scoppia il grande conflitto tra Milano e l'imperatore tedesco — cui i Milanesi combattevano nella persona, ma 11011 nel concetto da Ini rappresentato {salva tamen imperatoris fidelitate) — Pavia, elio ancora si credeva depositaria dell'antica tradizione monarchico-feudale, è pronta a stringersi, più ardente di tutte le altre città nemiche di Milano — rimasta sola o quasi nella titanica lotta — intorno al fulvo sire, cui non abbandona per tutta la durata del confitta, dal 1152 al 1184. E Federico Burba rossa, che contro la rivoluzione comunale delle città libere, intaccante nella sostanza, se non nella forma, l'alto principio imperiale, vede la necessità di sollevare quanto più era possibile il concetto della regalità, il quale, a parer suo, non poteva sdoppiarsi dal concetto imperiale, si appoggia volenteroso a Pavia più che ad ogni altra città (l'Italia, poiché sa che a Pavia parla ancora, per quel tanto che può valere, la tradizione monarchica italiana e della regalità.
In Pavia, tutte le volte che le guerre lo chiamano in Italia, egli fa lunghe soste. Da Pavia spicca gli eserciti che vanno ad assediar Crema, a distruggere Tortona, ad assediare prima ed a smantellare poscia Milano, ad investire Alessandria; da Pavia si parte egli per riedificare Lodi; per andare in Poma a ricevervi la corona imperiale ; da Pavia sono datati, nel maggior numero, tutti gli editti, diplomi e leggi da lui emanati in Italia; mtine, da Pavia egli si parte, nel maggio 1176, per andare alla sconfitta irreparabile di Legnano ed in Pavia ritorna tre giorni dopo occultamente, vinto e umiliato, quando già la moglie, £ famigliari, la Corte ne ritenevano sicura la morte. Egli munì di torri e di mura migliori la città ; arricchì le chiese e le restaurò dai danni subiti nelle passate vicende ; fece donazioni a tutti i conventi e monasteri della città e del suo territorio; in varii punti del territorio medesimo costrusse torri e castelli onde renderne più facile la difesa; e sebbene Pavia avesse sempre militato con lui nella lunga lotta della Lega, Federico Barbarossa volle che essa, alla pace di Costanza, oltre l'aver confermati i privilegi e diritti dapprima goduti, acquistasse quei nuovi, che per quel solenne trattato le altre città lombarde venivano a godere.
Questo fu, nel periodo comunale, il miglior momento della storia pavese. La città o Comune di Pavia aveva allora la sua rappresentanza in un'Assemblea generale: emanazione della quale erano il Consiglio di credenza ed i consoli, rappresentanti il potere legislativo. Il potere esecutivo era immedesimato nel podestà prima, nel capitano del popolo poscia. La città aveva zecca, con diritto di battere moneta propria ed imperiale da tempo antichissimo ; era ornata di porticati, di loggie per le adunanze e gli uffici pubblici; aveva terme, torri in grande quantità e tre ordini di mura. Il suo commercio attivo sopra ogni altra cosa, poiché per privilegi ottenuti dai re del passato e da Barbarossa, aveva diritto di libera navigazione nel Ticino e nel Po; riscuoteva pedaggi e dogano pel passaggio di questi fiumi e vendeva a caro prezzo i diritti di pesca. Le barche di mercanzia e di derrate d'ogni specie andavano e venivano continuamente da Pavia per il Ticino ed il Po, all'Adriatico e viceversa, e per la via fluviale erano pur rapidi i rapporti colle sotto e soprastanti città: con Piacenza, Cremona, Ferrara, Venezia, Valenza e Casale ; i canali opportunamente scavati irrigavano la campagna pavese, che nulla, per fecondità e ricchezza di prodotti, aveva da invidiare a quella di Milano e di Lodi. Il Comune armava, in tempo di guerra, essendo le armi obbligo di ogni uomo valido senza eccezione di stato, all'infuori del religioso, 15,000 fanti e 3000 cavalli; aveva grandi magazzini (li salinerie, sempre pronti ad ogni occorrenza, tanto di guerra guerreggiata che di assedio o di blocco.
Le guerre e le perturbazioni ripresero in Pavia, sulla fine del secolo stesso e sul principio del secolo successivo, contro Milano nel 1185, nel 1196, nel 1213, nel 1217, e