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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Seconda — Alla Italia
   politiche d'Italia. Anzi tra Pavia e Milano comincia in quel periodo a formarsi l'antagonismo dei due principii politici che si contrastarono la supremazia nelle vicende d'Italia: animando tutte le nostre rivoluzioni e controrivoluzioni, prò' e contro l'unitarismo, chiave di vòlta delle monarchie più o meno feudali, e le grandi autonomie locali, concetto fondamentale della vita italiana, assurta dall'antica tradizione romana, passata per la trahla evolutiva del medioevo. In Pavia, fino all'Ora dei Comuni, si incarna il principio dell'unitarismo monarchico-feudale ; in Milano il principio opposto. Smagliante ò l'esame delle leggi animanti questi due principii supremi ai quali si andò informando la vita italiana, fatto da Giuseppe Ferrari nella poderosa sua opera Delle rivoluzioni d'Italia; leggi aventi ben di spesso forte ripercussione sulla gravitazione politica dell'Europa d'allora.
   Alla morte di Ottone III, cinquantun anno dalla venuta in Italia d'Ottone I, cessa di nuovo la dominazione straniera ed a I'avia se ne coglie l'opportunità per proclamare, da una Dieta di signori italiani, il marchese d'Ivrea, Arduino, a re d'Italia. Questi prende la Corona di ferro in San Michele di Pavia il 15 febbraio 1002; ma subitosi trova in lotta colla rivoluzione italiana, che, capitanata da Arnolfo d'Arsago, arcive-covo milanese, non vuol saperne di re vicini e feudali ed aspira alle larghe autonomie concesse dal patto federale dell'Impero. — Onde, mentre Arduino, clic non fu di animo ignobile come i Berengari, tentava in buona fede di rassodare il suo regno, avvincendosi ì signori e baroni e vescovi italiani, vedeva, senza comprendere bene il perchè, il vuoto allargarsegli sempre pili intorno; vedeva essergli fedele Pavia con parte del retrostante Piemonte, ove aveva larghi feudi e parentele; ma mancargli affatto la Lombardia, ove l'opposizione di Milano diventava ogni giorno più formidabile. Così, quando Arrigo lì di Bamberga, chiamato da Arnolfo d'Arsago in Italia, scese per la valle dell'Adige ed Arduino fu sollecito alle chiuse di Verona a sbarrargli il passo, si vide questo spettacolo : che al momento nel quale i due eserciti stanno per azzuffarsi, l'esercito italiano si scioglie, vescovi e signori vanno colle loro armi a prestare giuramento ad Arrigo di Sassonia, e ridotto ad un piccolo branco dei suoi vassalli e' di pochi amici, Arduino non può opporre se non un'insignificante resistenza alla marcia di Arrigo, che trionfante, senza colpo ferire, giunge a Pavia. La città però che vede, nell'attitudine recisamente presa da Milano, una minaccia per le sue prerogative presenti e future, non è favorevole al cambiamento e quantunque Arrigo II, per continuare la tradizione, prendesse solennemente la corona d'Italia per mano di Arnolfo d'Arsago, arcivescovo milanese, nella basilica di San Michele in Pavia, il 14 maggio 1004, nella sera stessa nacque un grande tafferuglio tra popolo e soldati tedeschi: tafferuglio mutatosi in una vera battaglia per le vie. Alcuni fra i più nobili edilizi della città vennero incendiati, lo stesso San Michele compreso. Il popolo furibondo, perchè re stranieri non v'avessero più a metter piede, incendiò e demolì anche il palazzo reale : Arrigo II dovette la propria salvezza alla fuga e, saltando dalle mura, n'ebbe fiaccata una gamba, onde ne restò azzoppato per tutta la vita e fu da molti storici detto lo Zoppo. Nella caduta fu salvato da sei baroni della sua Corte, che caricatoselo sulle spalle, mentre il popolo vociava volendolo morto, lo portarono al chiostro (li San Pietro in Ciel d'Oro — allora fuori porta — ove fu da quei frati curato, mentre un forte nerbo di truppe fu disposto a difendere l'edifizio intanto che colle altre si combatteva nella città a sedare il tumulto.
   Quella sommossa fu la protesta di Pavia contro la federazione virtuale, se non di fatto, delle altre città, che, lavorando a spegnere il Regno, soffocavano la sua egemonia, spegnevano in lei le prerogative della regalità. 11 Regno in Italia ormai non era se non una parvenza che incarnavasi nel nome di Pavia.
   Caduto il Regno, o per essere più esatti, quel simbolo ultimo della monarchia feudale, ch'era Arduino, Pavia restava debellata dall'influenza di Milano, già al secondo