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Parte Seconda — Alla Italia
nazionali Morto Autori ancor giovane (590) la regina Teodolinda dovendo scegliersi uno sposo fra i duelli longobardi preferì fra tutti Agilulfo, duca di Torino, cui da Pavia andò ad incontrare con solenne corteo fino a Loniello. Fu il regno quinquilustre di Agilulfo e di Teodolinda uno dei migliori momenti della dominazione longobarda: momento segnalatosi per la conversione dei più illustri longobardi al cattolicisino e per il grande fervore religioso che popolò di chiese, abbazie, monasteri la Lombardia e le altre parti d'Italia. Agilulfo e Teodolinda tenevano corte splendida, in Pavia o quando volevano sollevarsi dalle cure di Stato e trovar quiete, la regina particolarmente, recavansi a Monza, ove, fin dal tempo del goto Teodorico, esisteva una grandiosa villa reale ed ove la regina longobarda, insieme, alla famosa sua basilica a San Giovanni Battista, erasi fatto erigere, per suo uso esclusivo, un palazzo speciale o piccola Corte. Morto Agilulfo (G1G) e finita colla morte di Teodolinda (G25) la tutela di Adaloaldo, loro figlio, questo salì al trono ed in breve disgustò per le sue azioni (Paolo Diacono, sempre benigno pei re della sua gente, afferma che fosse malato di incute, se non impazzito) i capi della nazione, onde fu deposto (G2G). Segue con Arioaldo la filza dei re fannulloni o poltroni — come gli storici francesi chiamano i Merovingi paralleli n,i re longobardi — che per un secolo e più, nulla o ben poco fecero, quando non furono attori o vittime di nefande tragedie di palazzo. Fa eccezione fra questi Rotari, che nel suo famoso editto del G43, raccolse in un sol corpo le leggi longobardiche, apportandovi buone riforme e raddolcimenti notevoli nei loro riguardi rispetto ai nazionali italiani viventi secondo la legge romana. Non va neppure scordato che nella legge di ito tari sono accordati privilegi e protezioni ai Maestri Cornac,ini (Magister Comacimis cum colligantes suum), le. corporazioni dei quali, per questo fatto, poterono maggiormente esplicare la loro attività, affrettando il risorgimento delle arti, pressoché perduto nella deprimente barbarie dei due, secoli precedenti. Per tutto questo secolo di pace relativa il cuore della vita longobarda è Pavia, da dove si ripercuote sul rimanente del regno. Sono lo tragedie di palazzo che si svolgono in Pavia, colla uccisione di Rodoaldo, coi contrasti tra Bertarido e Gondiberto per la successione, paterna, polla morte misteriosa di Gi imoaldo e per l'ambizione di Garibaldo, che trovano eco in tutto il regno e segnano i punti poco luminosi e molto vergognosi della storia di quel tristissimo secolo di depressione, che fu il VII.
Miglior momento c,i offre la storia del regno longobardo nel principio del secolo VIII, coll'assunzione al trono di Liut.prando (712), inspirato dal duplice concetto di far sempre più attenuate, le differenze tra il diritto longobardico ed il diritto italiano o romano, e di riunire sotto il suo dominio veramente tutta l'Italia, sonimettendo Ravenna, l'Esarcato, la Pentapoli e tutte le altre terre sulle, quali dominavano i Bisan-tini, o la Curia accampava diritto di protezione e di tutela. Ma non ebbe sempre energia d'animo pari alle imprese da lui concepite o tentate. Perciò non seppe nè vincere e dominare, nè amicarsi completamente la Curia romana, che pei Longobardi, come già pei Goti, era il focolare attivissimo di ogni resistenza nazionale contro l'invadenza straniera. Fu valoroso, ma non sempre fortunato guerriero; buon legislatore,perseguitò gli incantatori, gli indovini, che insinuavano nel popolo le, più deplorevoli superstizioni, cagione sovente di gravi disordini e di delitti; per convinzione religiosa, ed anche per opportunità politica, fece guerra asprissima agli Iconoclasti, la cui setta, allora favorita iu Oriente dall'imperatore Leone Isauro, aveva pure uno slancio grandissimo anche in Italia, dovunque i Bisantini avevano ancora residenza o lasciate radicate tradizioni. Pavia ricorda sempre la splendida Corte di Iiutprando, con uno de' suoi più caratteristici e famosi monumenti, il San l'ìelro in Cielo d'Oro, da lui 11011 fondato, ma abbellito e completato colla erezione di un grandioso monastero, nel quale le spoglie di questo re furono trasportate, dopo di essere, state sepolte per qualche tempo nella chiesa di Sant'Adriano (743). Itachis Reminone, duca del Friuli, figlio di un'umile contadina di