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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Seconda Alta Italia
   la città, decapitato. Ugual sorte toccò anche a Simmaco suo suocero, egli pure uomo di inerito e virtuoso, che aveva retti pubblici uffici ed era stato onesto consigliere di Teodorico. Ma poco appresso morì, dicesi, in preda a sospetti ed a rimorsi — cosa alquanto inverosimile — lo stesso Teodorico.
   Dopo la morte di questi, che ne fu il fondatore ed il miglior titolare, la monarchia gotica in Italia andò precipitando di male in peggio: le dissolutezze e le tragedie di palazzo che caratterizzarono il regno di Atalarico, tli Amalasunta e di Teodato, mentre indebolivano nelle popolazioni soggette il concetto della potenza degli oppressori, cagionavano discordie fra ì capi stessi dei dominatori ed aguzzavano le cupidigie, degli imperatori bisantìiii, che guatavano nell'Italia una preda eccellente e non difficile a prendersi.
   L'ambizione di Giustiniano, salito al trono d'Oriente, affrettò gli eventi. Da Roma e da tutti i centri italiani, ove forti vivevano ancora i ricordi e le speranze della passata libertà, furono infinite le sollecitazioni mandate all'imperatore di Bisanzio perchè muovesse a liberare l'Italia dai Goti. Giustiniano, spinto anche dall'ambizione della moglie Teodora, si decise. Mandò Belisario, valoroso capitano, che, col pretesto di punire certe ribellioni di popoli della costa d'Africa, sbarcò in Sicilia e presto la sottomise, stabilendo 1 Esarcato o centro del governo, nella città più illustre e famosa che allora l'isola avesse, Siracusa. Poi passò lo stretto ed avanzò per la Campania su Roma. I Goti, che sentivano il terreno minato dovunque dalla rivoluzione italiana contro la loro dominazione, concentrarono gli sforzi della loro resistenza contro le città che più si mostravano riluttanti all'obbedienza: così mentre Yitige, sì valoroso e battagliero, ma sfortunato, lotta disperatamente contro Belisario e tenta invano di schiacciare Roma, Uraja riesce con 1111 eccidio, il cui ricordo resterà eterno nella storia di quella città, ad annientare Milano, il maggior focolare della resistenza indigena all'elemento goto nell'Italia superiore. La resistenza dei Goti si concentra quindi, perduto insieme alla Sicilia anche il Mezzogiorno, nella zona d'influenza di Ravenna e di Pavia. Poi perduta anche Ravenna ed il Regno diviso tra Erarico e Potila, il centro della monarchia gotica è Pavia e da questa città Potila, il vittorioso che non aveva più a temer rli Milano ancor accasciata nella rovina perpetrata da Uraja, riprende fortunato l'offensiva, quando gli intrighi di Corte richiamano Belisario a Bisanzio e gli tolgono il comando. Fu questa una rapida quanto infeconda riscossa. In pochi mesi da Pavia e da Verona, alle quali era ormai ristretto il regno gotico, Potila, per Piacenza, la Toscana e Roma, scende vittorioso sempre al Mezzogiorno; la maggior parte dei Greci è ricacciata nella lor fida Sicilia; il regno gotico par salvo. Ma il vecchio eunuco Narsete assunto, fra lo stupore universale e per gli intrighi del gineceo imperiale, al comando delle forze bisantine in Italia, potentemente aiutato — è duopo riconoscerlo — dalla rivoluzione italiana contro la monarchia gotica, or operante in latente lavorìo, or niani-festantesi in aperte ribellioni, riconduce alla vittoria le anni bisantine; a Nocera, a piedi del Vesuvio (552), sconfigge, senza speranza di riparo i Goti, guidati da Teja loro nuovo re, che combatte disperato a cavallo ed a piedi, cambiando di sovente lo scudo tempestato di freccio. Dopo quella rotta, considerata inutile ogni resistenza, i Goti, giurato a Narsete che non avrebbero più preso le armi contro l'Impero, uscirono d'Italia colle loro armi, il loro tesoro, le loro insegne.
   11 breve periodo della dominazione bisantina non cambia lo stato delle cose in Lombardia, in cui Pavia è sempre la città priineggiante, ad onta del tentativo fatto da Narsete di risollevare le sorti di Milano. Pavia, già diligentemente munita e di ogni cosa provveduta dai Goti, diventò la sede del maggior nerbo delle forze bisantine in Lombardia. Ciò è provato dal fatto, che quando chiamato per vendetta di Narsete, che era caduto in disgrazia dell'intrigante Corte di Bisanzio, dovette lasciar l'Italia per ritornare al gineceo, Alboino coi suoi Longobardi scese fra noi operando la rapida sua