Si
l'arte Seconda — Alla Italia
neppure la donna (Maria Pellegrini Amoretti, laureatasi nel 1777 con grande sfoggio di odi, di sonetti, di epigrammi), nò gli stranieri. Nel frattempo il governo (li Giuseppe II provvedeva all'ampliamento, all'abbellimento ed alle maggiori comodità degli edilizi universitari. L'Ateneo pavese era rientrato in un periodo di febbrile attività, di rapido progresso, di utile incremento.
Nel 1772 gli studenti ebbero dal governo la facoltà, loro tolta al tempo della dominazione spagnuola, di eleggersi il rettore : facoltà clic l'imperatore Leopoldo II, succeduto a Giuseppe II, ritolse coi suoi tentativi di reazione contro l'invadente onda rivoluzionaria. Ma precipitando gli avvenimenti, in quell'anno medesimo, per la fulminea campagna di Napoleone Bonaparte, che in meno di due mesi — cosa in allora meravigliosa, dal 26 marzo alla fine d'aprile, vincendo, si può dire, una battaglia ogni giorno, s'era portato dalle Alpi Marittime alle sponde del Po — l'Università fu chiusa il 28 di aprile per l'imminente arrivo dell'esercito francese.
Riaperta nell'anno successivo, quando un luminoso periodo di libertà e di progresso sembrava schiudersi per l'Italia, venne dagli studenti eletto a rettore il medico Giovanni Rasori; ma a questi, per voto dei professori, succedette l'anno dopo il famosissimo anatomico Antonio Scarpa.
Nella rivincita della reazione, durante la campagna di Bonaparte in Egitto, quando gli Austro-Russi di Souvaroff, nel 1799, piombarono in Italia onde ripristinare lo stata quo, l'Università fu chiusa ; uè fu riaperta se non dopo tredici mesi, quando cioè la clamorosa vittoria di Marengo costrinse gli alleati, più che in fretta, a ripassare le Alpi. Il decreto emanato da Bonaparte il 23 giugno 1800 (4 messidoro, anno Vili della Repubblica) fissava la riapertura dell'Università, riorganizzata in tre Facoltà: medicina, legge, filosofia, abolendo la Facoltà di teologia.
Un'altra riforma, suggerita dallo spirito un po' retrivo e gretto di qualche professore di molta influenza, fu decretata nel 1803 sotto il governo della Repubblica Italiana, nuovamente togliendo agli studenti la facoltà dell'elezione del rettore; l'ultimo dei rettori eletti dalla scolaresca fu il fiorentino Vincenzo Brunacci, professore di calcolo sublime. In seguito a queste riforme l'Università di Pavia, durante tutto il periodo del Regno Italico fino al 1814, rimase costituita in tre Facoltà: filosofia, legge, medicina.
La fine del secolo passato od il principio del nostro fu, senza dubbio, uno dei periodi più luminosi attraversati dall'Università di Pavia nella nobile e gloriosa sua esistenza. Troviamo inscritti nell'elenco dei suoi docenti i nomi degli uomini più illustri nelle scienze, nelle lettere, nella filosofia che l'Italia possedesse e che gli altri paesi allora le invidiavano.
Citiamo taluno fra i più famosi: Lazzaro Spallanzani da Scandiano, che dopo avere insegnato nell'Ateneo di Modena (1760-G9) e raggiunto cosi grande rinomanza coi suoi studi sugli infusori e sulla fecondazione, fu chiamato, nel 1769, a Pavia. Quivi, oltre all'insegnamento delle scienze naturali, si dedicò alla costituzione ed organizzazione dell'allòra «istituito Museo, alla cui ricchezza egli largamente contribuì coi materiali da lui raccolti in replicati viaggi per tutta Italia, in Oriente, in Transilvanial in Austria, in Sicilia. « Gli studi compiuti dallo Spallanzani in Pavia — scrive un dotto illustratore dell'Università pavese, che ci ha servito di scorta in questi cenni — segnano una nuova èra nella fisiologia. Egli, mediante nuove esperienze di fecondazione artificiale, chiarì le leggi fondamentali della generazione nei vegetali e negli animali; scoperse i globuli bianchi nelle salamandre e nelle rane; fu il primo che intraprese proficuamente lo studio delle digestioni artificiali. Ed oltre a queste condusse a termine molte altre ricerche sulla insussistenza di un preteso sesto senso dei . pipistrelli, sulla respirazione, sulla circolazione, sulla fosforescenza del mare, sui fenomeni vulcanici: lavori tutti che, condotti col più rigoroso metodo sperimentale, entrarono ad accrescere il patrimonio della scienza ». Lo Spallanzani morì nel 1799, afflitto