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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Pavia
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   come lino allora s'era usato, dovessero mandare i loro giovani, che intendevano addottorarsi in giure od in altre scienze, nello Studio Generale di Pavia, Ciò portò a Pavia uu'attinenza non peraneo verificatasi di studiosi e d'insegnanti o lettori, come erano anche detti i docenti d'allora.
   Maggior incremento lo Studio di Pavia ebbe sotto la signoria di Gian Galeazzo Visconti, il pili illuminato ed il più ambizioso dei principi di questa famiglia. Nel 1389 Gian Galeazzo Visconti aveva ottenuto dal pontefice Bonifacio 1\ due Bolle, le quali, oltre il riconoscere per lo Studio Generale di Pavia tutti i privilegi e diritti goduti da quelli di Parigi e di Bologna, 1 maggiori e più celebri che allora esistessero in Europa •—e allora per Europa s'intendeva il mondo— si agevolava l'intervento di quanti erano investiti di cariche e benefizi ecclesiastici, costituenti a quei dì ima 11011 piccola falange dì persone particolarmente dedite allo studio.
   Lo Studio Generale di Pavia, a tenore della lapide del giugno 1301, che ora ò murata sotto il portico dell'Università, a sinistra di chi entra pei la porta principale, era diviso in due < Università ». Nell'< Università dei Giuristi > s'insegnavano, oltre che il diritto, la grammatica, la metafisica, la teologia e la filosofia; nell'c Università ile' Medici e degli Artisti > s'insegnavano, oltre alla medicina, le scienze del calcolo, l'astrologia e l'altre per le quali vi erano lettori liberi docenti. Ogni Università era governata da 1111 rettore e da 1111 priore.
   Vi fu però una specie d'interregno durato cinque anni. Infierendo, nel 139S, una terribile pestilenza 111 tutta la Lombardia, Gian Galeazzo Visconti, perchè gli studi non fossero sospesi o danneggiati, decretò il provvisorio trasloco a Piacenza, città che sembrava immune od almeno meno battuta dal terribile contagio, vittima del quale fu poi lo stesso duca. Solo nel 1103, vincendo le opposizioni dei Piacentini, che volentieri avrebbero tenuto lo Studio fra le loro mura, lo Studio pavese ritornò alla primitiva sede. Nat frattempo l'Università di Pavia aveva, se l'espressione è concessa, figliata quella ili Torino, poiché alcuni dei suoi lettori e docenti s'erano recati in quella città ad aprirvi uno Studio conforme alle norme dello Studio pavese, allettati dagli inviti e dalle profferte del marchese Lodovico d'Acaja.
   Nel secolo XIV lo Studio pavese fu illustrato, fra i molti, dai celebri giureconsulti: Filippo Cassol! (1374-91), Cristoforo Casigliani (1419), Raffaele lulgosio (1388-1405), Baldo da Perugia (1391-95), che nel loro tempo passarono per sommi luminari del Diritto. Numerosissima, anche per la rifioritura d'ogni coltura che allora verifieavasi in Italia, la schiera degli studenti ed uditori: oltre di quelli che venivano da Milano e dallo vicine città lombarde, se ne contav ano molti d'altre città d'Italia e stranieri : come Tedeschi, Elvetici, Spagnuoli e Portoghesi.
   Un periodo di grande celebrità fu per lo Studio (li Pavia il secolo XV, nella seconda metà particolarmente. Ritornato, dopo la sua quinquennale peregrinazione a Piacenza, alla primitiva sua sede, fu sparsa la voce che i Pavesi non vedessero di buon occhio
   10 Studio e molestassero professori e studenti. Già c'era il proposito nel duca di Milano Filippo Maria Visconti di trasferirlo altrove, quando, con solenne manifestazione, gli Anziani del Comune scrissero al duca sbugiardando le voci messe in giro dai nemici della loro città ed affermando che i Pavesi sarebbero da giudicarsi stolti o pazzi se disprezzassero lo Studio o molestassero gli insegnanti e gli alunni (1410). Persuaso dell'insussistenza delle voci, che avevano forse tentato di trarre profitto da qualche incidente occasionale, il duca riconfermò a Pavia ed al suo Studio i goduti diritti e così, salvo le guerre che per un lungo periodo turbarono il Ducato, determinando, alla morte di Filippo Maria, la caduta della signoria viscontea, nulla venne più a disturbare
   11 buon andamento degli studi nell'Ateneo pavese.
   La signoria degli Sforza, eccetto gli ultimi disastrosi anni del governo di Lodovico il Moro, segnò un momento fulgidissimo nella storia dello Studio pavese.