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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Si l'arte Seconda — Alla Italia
   decadenza dell'Impero occidentale: la città nella quale allora vivevano uomini d'alto sapere come Cassiodoro, Boezio, Simmaco ed altri Romani, ai quali il conquistatore ostrogoto aveva dovuto ricorrere per il governo della nuova sua conquista, non poteva non aver fra le sne mura una scuola di quell'alto insegnamento, superiore allora ad ogni altro, ch'era il Diritto. Fors'anco le altre discipline non erano trascurate e rimangono forse traccio della scuola letteraria pavese in alcuna delle eleganti dizioni del retore Ennodio, che fu poi vescovo di Pavia, le quali molto probabilmente, più che a Milano, accennano a Pavia ed alle sue scuole grammaticali e rettoriche. Anche dopo Teodorico, durante il regno dei Goti, anche dopo la scomparsa di questa monarchia militare, durante il regno dei Longobardi, Pavia — città di tanta importanza — non poteva non avere serbate ininterrotte, per (pianto compatibili collo spirito e le condizioni generali del tempo, le tradizioni della sua scuola. Infatti è accertato, tanto da Paolo Diacono che da altri cronisti, da diplomi e da documenti del tempo, che sotto re Liutprando esistevano in Pavia numerose e frequentate scuole, fra le quali anche quella dei Maestri Coinacini, nella quale insegnandosi un'arte sì complessa qual'è l'architettura, 11011 è possibile che l'insegnamento avesse a limitarsi al solo tirare di squadra e di compasso. Vediamo anzi, da molti documenti rimasti, che i Coniacini, se non tutti, almeno quelli di maggior rinomanza, sapevano di lettere e tracciavano contratti. testamenti, atti di compra e vendita, colla stessa facilità, forse, colla quale ideavano la pianta di un edifizio, o tiravano su un pilastro, o scolpivano mi capitello.
   Caduti i Longobardi e venuto coi Franchi Carlo Magno, gli scrittori sincroni ci avvertono che il famoso imperatore, illetterato o quasi, prese da Pavia il suo maestro di grammatica, Pietro da l'isa. Questo degno uomo, tanto cliiaro nel suo tempo da essere prescelto ad insegnare a leggere, od a leggere e spiegare .egli stesso al potente instauratorc dell'Impero d'Occidente, quanto a questi occorreva, vivendo in un'epoca nella quale il viaggiare non era la cosa più agevole, allorché fu chiamato da Carlo Magno e condotto in Aqirisgrana non doveva trovarsi a Pavia per diporto, bensì per esercitarvi la sua professione di grammatico e di docente in questa scienza della parola. Ora a tanto insegnante doveva esservi senza dubbio scuola adeguata. Infatti, vediamo nei famosi Capitolari di Lotario, imperatore e re d'Italia, del maggio 825 datati da Corteolona, attribuito a Pavia il primo posto fra i centri di studi e designate le città che dovevano o potevano mandar discepoli allo Studio di Pavia, ove con molto onore teneva cattedra il grammatico Pungalo. Possibile che in Pavia, circa il Mille, non s'insegnasse altro che grammatica, per quanto questa dottrina avesse allora un carattere assai più largo e comprensivo di quello specializzato che ora le si è dato? No, vi era una Scuola di Diritto, poiché è certo dalle memorie che si hanno che Lanfranco, giurista pavese, vissuto al tempo di Ottone I e primo commentatore del Diritto romano (secolo XI), insegnava la scienza del giure nella patria città. Il nucleo primitivo, l'embrione della futura Università esisteva dunque prima del mille ed aveva forse radici ininterrotte nei secoli anteriori, fin quasi a toccare il periodo dell'Impero romano decadente.
   Ma l'esistenza, diremo così, storica ed ufficiale dello Studio od Università di Pavia non data che dal 1361, in forza d'un diploma dell'imperatore Carlo IV che, ad istanza del podestà di Pavia, del Consiglio e degli Anziani del Comune, e del capitano del popolo, consentiva alla creazione d'uno Studio generale: ulriusque juris nec non phi-losophiae, medicinae et artiuin liberalium, in Pavia, accordando allo stesso tutti i privilegi imperiali e reali goduti dagli uguali istituti già esistenti in Bologna, in Montpellier, in Parigi, in Oxford, in Orléans. Questo diploma, così larglieggiante per lo Studio pavese, si dovette specialmente ai buoni uffici di Galeazzo II Visconti, signore di Pavia, vicario imperiale, e venne corredato da un decreto dello stesso Galeazzo, nel quale stabiliva, sotto forti comminatorie, che tutte le città e terre a lui soggette, anziché in altri Studi