Parie Seconda — Alta Italia
mistificazioni sulle reliquie per le quali nel medioevo andarono tanto famosi i ISisantini ed i Saraceni, che, sfruttando le ingenue c semplici credenze degli occidentali, ne facevano oggetto di proficuo e vasto commercio; però nessuno in Pavia dubitò dell'autenticità di tali reliquie, e la maggior prora della fede in esse riposta è il superbo mausoleo, od Arca, nel quale vennero poi rinchiuse.
Arrivate in Pavia le preziose reliquie da lui acquistate a peso d'oro, il re Liutprando le fece collocare nella nuova chiesa di San Pietro in Cielo d'Oro, dove, il 28 giugno 743, papa Zaccaria, invitato dallo stesso re, celebrò la messa sopra il sarcofago racchiudente quelle ossa, da lui prima riconosciute ed autenticate — con quale fondamento storico non è detto dal buon Paolo Varnefrido.
Stettero per molti secoli fino alla fine del passato, quelle ossa in San Pietro in Cielo d'Oro, ina sconsacratasi quella chiesa per le soppressioni governative ed adattata ad uso di magazzino militare, le reliquie verniero tolte dalla famosa Arca, nella quale erano state poste fin dal 1362 e traslate in Duomo. L'Arca scomposta si tentò dal fisco franco-italiano di venderla, ma 11011 fu possibile, e portata nella sacrestia del Duomo, per l'iniziativa del vescovo Tosi venne ricostruita nella cappella ove ora si trova, disegnata appositamente dal I'estagalli, ornata di statue e bassorilievi di Gaetano Monti, ravennate, con abbellimenti del Ruschi, del Ruzzi, del Lavelli. Nel ricostituito sepolcro, le ceneri del Santo, che frattanlo erano custodite in apposita urna nelle criptedel Duomo, furono ricollocate il 27 agosto 1832 con straordinaria solennità.
L'Arca di Sant'Agostino in Pavia è senza dubbio uno dei più cospicui monumenti di scoltura dei primordi del Rinascimento artistico italiano. È tutta iu marmo bianco di Carrara e consta di un parallelepipedo lungo metri 3.07, largo ni. 1.C8, allo m. 3.95, diviso in quattro piani, lungo i quali sonovi pilastrini che tagliano i lati maggiori in tre scompartimenti. Il primo piano principia con basamento ornalo ad intarsio in nero, ed ha davanti ai pilastrini le statue in tutto rilievo della Fede, Speranza, Carità e Religione in un lato e nell'altro quelle delle Virtù cardinali. Ogni scompartimento è per via di colonnelle spirali diviso in due nicchie ; in ciascuna di queste sta la figura di un apostolo con un versetto del Credo scritto in caratteri gotici su una striscia e col proprio nome. Sui lati minori stanno, da uno le statue della Mansuetudine e della Povertà, dall'altro quella dell 'Obbedienza e della Castità; fra queste sono altre sci figure in bassorilievo. Sopra questo piano posa il feretro cui fa ila tetto un tempietto sostenuto da quattro colonne ai lati. Steso nel mezzo è Sant'Agostino in abiti pontificali e mitra — pa-
ramenti non usati al suo tempo — in grandezza naturale e con un libro aperto sul petto in atto di leggere. Sei diaconi lo attorniano sollevando ii lenzuolo funerario: agli angoli lo contemplano le statuette dei quattro dottori della Chiesa, Gregorio, Girolamo, Ambrogio e Simpliciano. Ciascun pilastro dell'elegantissimo tempietto è ornato di piccole statue e di simboli ; nella vòlta è rappresentato il Padre Eterno con una gloria di cherubini, santi e figure allegoriche intorno.
11 terzo ordine, o fascia rettangolare al disotto del tempietto, diviso da pilastri iu tre seomparti, è pur esso ornato di statue e di bassorilievi rappresentatili alti della vita del Santo. A queslo sovrasta una elegantissima cimasa in gotico moderno o lombardo che dir si voglia, con bassorilievi alternati a statuette. Sul tutto sembra dovesse ergersi una cuspide, o piramide, non compiuta dall'artista. Complessivamente adornano cotesto singolare monumento novantaeinque statue alte dai 50 agli 80 centimetri e cinquanta bassorilievi.
11 monumento fu cominciato nel 1302 e terminato verso il 1370.
Chi ne fu l'autore? Su questa domanda c'è stata una grande disputa fra eruditi, ma specialmente dopo gli accurati studi del Defendente Sacchi, del Ferreri e del Merzario, si crede, non senza buon fondamento, che esso sia opera di Bonino da Campione.
Primo ad imbrogliare le carte sull'accertamento della paternità di questo monumento fu il Vasari, il quale colla solita avventatezza ed imprecisione sua, attribuisce l'Area di Sant'Agostino in San Pietro in Ciel d'Oro ad Agnolo ed Agostino, senesi, ignorando che questi artisti eran già morti nel 1350, e che l'Arca fu cominciata nel 1362 e finita verso il 1370. Il Cieognara, seguendo troppo pedissequamente le traccio del Vasari e senza curarsi di appurare le date, visitando l'Arca di Sant'Agostino, e celebrandola per un capolavoro, com'è di fatto, dice: « Vi riconobbi talmente lo siile ed il fare di questi due scultori (Agnolo ed Agostino, senesi) che avrei assicurato essere questa un'opera del loro scalpello, ma comunque sia questa indubitatamente un'opera toscana (!), pure mi conviene rinunciare a quella prima supposizione e crederla d'alcuno dei loro allievi, quando non v'abbiano operato Pietro Paolo e Jaeobello, veneziani ».— Ora ad infirmare le supposizioni del Cieognara sta il fatto, che nessun atto attesta storicamente la dimora in Lombardia ed in Pavia dei due scultori suddetti, figliai celebre Antonio delle Masegne. Allora difficilissimamente i lavori di questo genere si spedivano da un luogo all'altro; più comunemente si facevano sul lungo stesso dove dovevansi collocare. Di più, a Pavia, era fino dai tempi della dominazione longobarda una fiorente Sehola muraria, o Laborerìum di Maestri