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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Pavia
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   impressione, che in ossa si prova c di vedere Sant'Ambrogio di Milano, alquanto rimpicciolito. Le tre navate, in cui al piede di croco è diviso, sono a quattro larghe arcate corrispondenti ad altrettante cappelle, aperte e decorate con pessimo gusto, in perfetta disarmonia col rimanente del tempio. 11 soffitto è a vòlta romana, ma prima del famoso incendio del 1001, corno in tutte le antiche chiese cristiane, era in legno a due spioventi con capriate ornale di scollare, di fregi e di Versetti biblici.
   Nella vòlta, sulle pareti e sulle colonne furono scoperte tracce di buone pitture, miseramente finite,, sullo fintonaco di calce, col quale gl'improvvidi canonici del 1573, presi essi pure da quella slrana avversione che per le pitture murali aveva S. Carlo Borromeo, allora arcivescovo di Milano, fecero coprire tutto l'interno del tempio.
   Nei restauri intrapiesi dopo il 1800 con fonili dati dal Governo, dal Comune, dalla 1 amiglia reale e da una numerosa schiera di benemeriti cittadini, furono scoperte qua e là traccio di buoni affreschi alla maniera giottesca, altribuiti ad Au-drino il'Kdesia, ottimo pittore del secolo XIV, che lavorò a lungo in Pavia in quel tempo. Sullo pareti del presbiterio, di fianco ali aitar maggiore, il corno dell'evangelo, vedesi un discreto avan/.o di pittura trecentista. Sul secondo pilastro a destra di chi entra vedesi pure una testa di Madonna, di buonissima fattura nello stile di 1100.
   \filiamo già chiamata l'attenzione dei lettori sin capitelli degli otto grandiosi pilastri delle navate. Sono fra i migliori e meglio consonati che ci rimangono dell'arte dei bassi tempi ; ri-maichevoli in ispeeial modo i due dei pilastri maggiori ai bracci della croce.
   Come tutte le chiese dei primi tempi, la basilica di Sari Michele ha sotto fallare ed il presbiterio, la cripta o confessione, o scurolo, come volgarmente è detto, in Lombardia, questa parte semi-sotterranea delle antiche chiese. Va notalo che la cripta della basilica pavese è più alla di quello che generalmente non siano le altre dello stesso periodo o di quello successivamente immediato. É a tre piccole navate ed a sette arcate impostale sopra eleganti colonnine di marmo. Vìi conservano le spoglie mortali del celebre vescovo di Pavia SanfEnnodio, intorno al quale pubblicò, nel 1886, un'opera rinomatissima in tre volumi nions. Magani, ora voscovo di Parma.
   L'aliar maggiore, intorno al quale venne nel restauro del 1803 messo in luce un frammento dell'antico e splendido mosaico, è sormontato da uil tempietto in legno dorato, evidente opera di artisti moderni, poco adatta alla semplice severità della basilica. L'ambone, accessorio caratteristico delle antiche basiliche, andò nelle tumultuose vicende dei secoli di mezzo distrutto; i frammenti che ne rimasero, tra cui un uezzo delle balaustre
   col leggio ed un piccolo crocifisso in bronzo, sono murali nelI anzidetta nicchia con altri frammenti di seni Iure tolti o rinvcnuli nei restauri, nelle varie parli del tempio e sostiluiti con pezzi nuovi, clic integralmente ne riproducono il disegno.
   Nelle cappelle non vi sono grandi cose da ammirare, essendo tutte state aperte dal secolo XV in poi. Fra l'altre, sono notevoli la cappella dell'Addolorata, ove si conserva un frammento ili legno della Croce, che, fu lionato dall'imperatore Ottone II al monastero di San Felice in Pavia e poscia Ira sialo ni Sari Michele ; la cappella ili Sanla I uria, con una buona tela del Moricalvo, rappresentante il Martirio della Ululare; la cappella del Crocefisso d'argento, cimelio antichissimo che, un'iscrizione vorrebbe attribuire ad un tale \bagaro re di Kilessa, il quale lo avrebbe fallo eseguire nello stesso arino della morte ili Cristo. Gli archeologi locali lo altiìbuiscono invece ad un tal Teodoro, allo personaggio della corte di Cuniberto, re longobardo, che lo avrebbe dato iu dono alla piissima sua figliuola leodotc, dalla quale poi venne alla basilica. Ma forse è opera più recente, \ntico pure, e non senza pregio, è il (Crocefisso in legno fiancheggiato da due figure di donne che, som ista — all'uso delle auliche chiese di rito ambrosiano — all'aliare maggiore, nell'architrave della grande arcata.
   lì battistero è opera moderna, condotta però con sulliciente ^usto rullo stile aulico dall'architetto prof. G. 1!, Vergali!» Nella cappelletta del battistero si notano pure due buone tele, l una del Ciceri e l'altra di Bernardo Cane (158'.)).
   Durante il periodo della dominazione longobarda, la basilica di San Michele fu, insieme, all'altra basilica di San Pietro in Cielo d'Oro, il tempio di maggior venerazione che avessero i re di quella nazione in Pavia. Quivi avevano una tribuna reale, gli avanzi «Mia quale, vennero trovati tagliando un altare posticcio che era sull'angolo della navata trasversale di mezzodì In San Michele si recavano i re longobardi non appena assunti ;il trono a rendervi iu pompa solenne ringraziamenti al Cielo. Non ò vero elle ì re longobardi, come qualcuno ha leggermente asserito, si facessero incoronare in questa chiesa. I re longobardi non portavano corona; loro insegne erano 1 asta e la spada. La cerimonia della incoronazione fu stabilita ed importata in Italia dai Franchi, Carlo Magno per il primo, quando subentrarono nella dominazione dei Longobardi.
   11 primo re che in San Michele di Pavia abbia cinta la corona d'Italia fu Berengario I, duca del Friuli, nell'anno 888. Indi vi si sono incoronati, addi 15 dicembre 950, Berengario li, marchese d'Ivrea, e suo figlio Adalberto II: Odone I (952) che. poi cinse di nuovo la corona in Sant'Ambrogio di Milano, nel 901, quando ebbe finito di debellare Berengario ed Adalberto; nel 1002 ai 15 febbraio vi è Droclamato re d'Italia ed incoronato, dalla