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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Venezia
   -247
   A11 i 2 di aprile, quando già è noto dovunque l'esito infelice della campagna iniziata da Carlo Alberto, e le più sinistre apprensioni si fanno sull'avvenire della patria e l'Austria ormai vittoriosa dovunque impone patti ai vinti e si prepara a schiacciare i ribelli, l'Assemblea veneta raccolta in Comitato segreto, per deliberare sulla gravissima situazione, vota il seguente decreto: Venezia resisterà all'Austrìaco ad ogni cotto. A tale scopo il presidente Manin è investito di poteri illimitati. Manin, uscendo dall'Assemblea per recarsi alla residenza del Governo, fu applaudito entusiasticamente dal popolo radunato in piazza. Egli annunziò la deliberazione dell'Assemblea e fu quello un momento di delirio ureproducibile: Ad ogni costo! Ad ogni costo, tutti gridavano: Vira VAssemblea !
   Date le nuove condizioni di fatto e le disposizioni che l'Austria andava prendendo per circuire Venezia, il generale Pepe credette savio avviso, onde non essere tagliato fuori, di rientrare col quartier generale in Venezia (3 aprile). Il blocco di Venezia, operato dalle truppe austriache dalla parte di terra, nel semicerchio dell'estuario guardante la laguna, con frequenti tentativi di assalto a Marghera ed agli altri forti guardanti la città, e dalla parte di mare da tutta la squadra austriaca, che trovava la sua base di rifornimento ora a Trieste ed ora a Pala, era già stabilito alla fine dell'aprile; ed ai primi di maggio cominciano le operazioni di guerra, che senza tregua debbono durare fino alla caduta della Repubblica, in agosto. Al 4 maggio Radetzky, che a Mestre aveva fatto stabilire il suo parco d'artiglieria — il più grande che tino allora si fosse mai radunato — scopre le cinque batterie costruite dai suoi pionieri e comincia su Marghera e Venezia un accanito bombardamento inframmezzato da lanciate di razzi alla Congrève, allo scopo di portar® l'incendio sulla città. Furono dadi Austriaci lanciate oltre 4000 bombe. Radetzky, per assistere a questo spettacolo, era venuto espressamente da Milano ed aveva invitati alcuni arciduchi, tra cui Ferdinando d'Este. fratello al duca di Modena. Dopo questo primo saggio Radetzky intima la resa a Venezia, promettendo perdono generale; Manin gli risponde mandandogli copia del decreto memorabile votato dall'Assemblea il 2 aprile. E Radetzky risponde allora dal quartier generale di casa Papadopoli, che < Venezia dovrà subire le sorti < della guerra >. Il che era quanto dire incendio, distruzione, saccheggio, abitanti passati per le armi, se caduti nelle mani del nemico.
   Marghera continua ad essere il baluardo principale della difesa di Venezia e non passa giorno che intorno a quel forte non avvengano fatti d'armi di certa importanza e tentativi, per parte degli Austriaci, di sorprenderlo per avere il passo sgombro fino a Venezia. Ma i difensori di Marghera non conoscono tregue ed esitanze e sì di giorno che di notte, sotto la pioggia degli obici e dei proiettili d'ogni specie, riescono sempre a respingere vittoriosamente il nemico. Dal canto suo anche la marina veneta non sta in ozio: quei pochi legni di cui dispone sono sempre in esercizio per tenere a bada la flotta austriaca di blocco ; di più, molti trabaccoli armati m corsa di cannoncini e spingarde, non cessano di prendere il largo per rompere il blocco, molestare le navi austriache e tentare di incendiarle, mentre proteggono l'introduzione nei canali di bragozzi carichi di viveri, dei quali già si cominciava nella città a sentire la penuria.
   Per quasi tutto quel mese di maggio nei forti di Marghera e di Brondolo si combatte e si resiste con accanimento al sempre più ristretto cerchio degli assalitori. Nei giorni 2-1,25, 2G di maggio la battaglia contro Marghera fu incessante; ma gli Austriaci, alimentati da sempre nuove forze, essendo riesciti ad impiantare una nuova linea di batterie, la posizione dei difensori del forte diventò insostenibile ed il Governo di Venezia, comprendendo che l'ostinazione in quella difesa portava ormai ad inutili sacrifizi di sangue, di forze e di munizioni, senza vantaggio diretto per Venezia, difesa dalla stessa sua posizione naturale, nel mezzo della laguna, ordina l'evacuazione del forte, che venne abbandonato agli Austriaci completamente smantellato ed in istato