Venezia
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gioia delirante del popolo: applausi e grida ili Viva VItalia senza fine; luminarie, musiche e bandiere tricolori ad ogni balcone.
Nei giorni susseguenti si ordinò la milizia cittadina; ina non mancarono conflitti coi soldati austriaci, che 1 autorità militare s'ostinava a mandare 111 giro per pattuglie ed a schierarsi sulla Piazza. Si comprende che Imo a che i Croati resteranno in Venezia vi saranno disordini.
11 21 maggio scoppia nell Vrsenale una rivolta di quegli operai contro il colonnello Marinovich, che da lungo tempo li perseguitava con indicibili vessazioni. Dovette la sua vita alla guardia civica, che riesci a sottrarlo dalle mani di quegli inferociti popolani. Ma il giorno dopo, contro la parola data, essendosi di nuovo recato all'Arsenale coli'intenzione di spadroneggiare, dall'improvviso furore degli arsenalotti nel vederselo ricomparire davanti, fu, si può dire, massacrato. Si era anche scoperto che, per suo consiglio, il Comando militare avesse fatto armare e preparare alcune speciali imbarcazioni per lanciare razzi sulla città di nottetempo ed incendiarla al primo accenno di ribellione.
Rompendo ogni esitanza, Daniele Manin, ponendosi alla testa d'un buon nerbo di guardie civiche, con un ardito colpo di mano, s'impadronisce dell'Arsenale e d'altre importanti posizioni. Le truppe della marina da guerra, formate in gran parte di Veneti ed Istriani, ricusano ubbidienza al loro comandante, il maggiore Bodai, che comandava il fuoco sulle guardie civiche. All'appressarsi di queste puntarono i fucili a terra, si strapparono le nappine e le coccarde giallo e nero sostituendovi coccarde e nastri tricolori e fraternizzarono subito col popolo. Esempio che fu seguito da tutti gli altri Italiani che in Venezia si trovavano sotto le bandiere imperiali. La veneta marina, riprendendo così l'antico nome, le antiche gloriose tradizioni raddoppiava i proprii mezzi, disponeva legni, anni, cannoni, munizioni a tutela della laguna, dei canali, dei forti. Tutti gli appartenenti a quel corpo, dagli ufficiali più alti agli umili arsenalotti e marinai, diedero prove insigni di attaccamento e devozione alla causa della patria.
Vedendo di non potere più esercitare alcuna autorità e spaventato d'altra parte della sorte toccata al Marinovich, il governatore civile Palfy rimise il potere nelle mani del governatore militare generale conte Zichy. Ma questi, vedendo l'impossibilità di far fronte all'onda popolare e sapendo già la disastrosa sorte toccata al feld-nuire-sciallo Radetzky, che aveva volute resistere a Milano insorta, firmò una capitolazione che rimetteva ogni autorità civile e militare nelle mani dei deputati della Municipalità e colla quale si obbligava di sgombrare da Venezia e suoi forti nelle ventiquattro ore. Due mila guardie civiche schierate in piazza San Marco ascoltano la lettura della capitolazione. Le truppe austriache furono tosto imbarcate per Trieste ; dai forti fu abbassata la bandiera imperiale e sostituita colla tricolore. Ma primo su tutti la bandiera auspicata sventolò sul forte di Marghera, all'imbocco della laguna, davanti a Mestre, postavi da un gruppo di guardie nazionali di Mestre stessa, che con un ardito colpo di mano si era impadronito del forte, dei cannoni, delle munizioni.
Mentre Venezia si liberava così delle truppe austriache giungeva, fra l'universale tripudio, la notizia della liberazione di Milano, dopo cinque giornate di eroica lotta. Daniele Manin in piazza San Marco, alle notizie di libertà che cominciavano ad arrivare da ogni parte d'Italia, aveva arringato il popolo, che salutò con entusiasmo il grande patriota al grido di: Viva la Repubblica! Viva San Marco!
All'indomani (23 marzo) i firmatari della convenzione di capitolazione col conte Zichy, deposero d potere nelle mani dì Angelo Mengaldo, assessore comunale ed organizzatore e capo della guardia civica, perchè componesse un Governo provvisorio, il quale fu formato dai più stimabili cittadini provati per l'antica devozione alla causa della patria e presieduto da Daniele Manin.