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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Venezia
   181
   dei grandi Veneziani: con Ini la Repubblica dì San Marco ha dato l'ultimo suo grande bagliore di gloria vittoriosa. Dopo il Morosini viene il secolo della lenta e dolce agonia. Egli ebbe onori sommi : il pontefice lo donò dello stocco e del pileo, ch'era premio dei capitani benemeriti della Cristianità. Gli storici lo gratificarono dell'epiteto di
   Peloponnesiaco.
   Dopo la morte del Morosini si continuò a combattere fino alla fine del secolo contro il Turco. La guerra durò fino a che i Veneziani 11011 furono abbandonati dall'imperatore loro alleato, che voleva pace in Oriente per portare le sue anni in Lombardia ed in Alsazia contro la Francia soverchiante di Luigi XIV. La pace fu conclusa a Carlowitz. Rimasero alla Repubblica le isole di Santa Maura, Fgina, il Peloponneso, alcune terre dell'Albania e della Croazia: non però tutte le conquiste che avevano fatto la gloria di Francesco .Morosini.
   Periodo undecimo: dal 1699 al 1798. — In questo periodo, ch'è il più caratteristico della storia della Repubblica veneta ed il più allegro in quella dei costumi dei cittadini, furono dogi: \lvise Mocenigo (110°), Giovanni Cornare (111°), Alvise III Mocenigo (11-2°), Carlo Ruzzmi (113°), Luigi Pisani (114), Pietro Grimani (115°), Francesco Lore-dano (116®), Marco Foscarini (117°), Alvise IV Mocenigo (118°), Paolo Renier (119»), Lodovico Manin (120°), che fu l'ultimo doge della Repubblica.
   La prima metà del secolo XVII fu assai triste per l'Europa in genere e per l'Italia in ìspecie, desolata dalla cosidetta guerra di successione, che, per la vacanza dei troni di Spagna e dell'Impero, combattevasi tra Spagna, Francia, Austria e Germania, scegliendo di preferenza come teatro d'azione l'Italia. In queste lunghe contese, per interessi che le parvero al di fuori dei suoi, la Repubblica di Venezia, esausta dalle lunghe guerre sostenute per Candia e la Morea tra la fine del secolo XVII ed il principio del XVIII, declinò le offerte di alleanza che le furono fatte dall'uno e dall'altro dei contendenti, dicendo di chiudersi nella più rigorosa neutralità. Ma le avvenne ciò che avviene sempre ai deboli allorché sono messi fra l'urto di due più forti. Mise forze così insufficienti alla difesa del proprio territorio, che questo fu violato in ogni parte dai contendenti e la Repubblica ebbe tutti i danni della guerra senza averla combattuta e senza averne alcun frutto.
   Rotta la pace di Carlowitz la Repubblica ebbe una nuova guerra col Turco: e fu l'ultima della serie. In questa guerra fu memorabile la difesa di Corfù (1715). L'imperatore Carlo VI, che, minacciato dai Turchi in Ungheria, si era collegato a Venezia, appena il pericolo fu scongiurato dai suoi Stati abbandonò l'alleata; che rimasta sola di fronte all'Impero ottomano dovette scendere agii accordi e firmare la pace di Pas-sarowitz, colla quale veniva consacrata la perdita delle conquiste fatte dal Peloponnesìaco.
   Nelle due guerre per la successione al ducato di Parma (1730) e degli Stati austriaci (1740) la Repubblica veneta non seppe assumere altra posizione che quella di dichiararsi neutrale e n'ebbe la ripetizione dei danni che aveva avuti durante la guerra per la successione di Spagna. Nel 17G5, a tenere in rispetto il Bey rli Tunisi ed altri barbareschi, che mancando ai trattati, molestavano a non dirsi il commercio veneziano, la Repubblica armò una flotta di otto vascelli e navi sussidiarie che mise sotto d comando di Angelo Emo, uomo di grande fibra e superiore ai suoi tempi. Angelo Emo può dirsi l'ultimo dei veri capitani ed ammiragli della Repubblica. < Posto a capitanare una flotta radunata d'improvviso e in un tempo in cui gli ordini antichi erano rilassati, pace e quiete si ritenevano ragione di Stato, e il vivere lautamente e l'imprevidenza del futuro rendevano grave ogni sacrifizio, l'Emo in soli sei mesi seppe restituire gli antichi ordini, infondere coraggio ai gentiluomini ed agli ufficiali che combattevano con lui. In sei mesi l'armata fu prode volonterosa >. Recatosi nelle acque di minsi minacciò il Governo beilicale e, non avendo avuto le