Venezia
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ne risentì anche Venezia. Alla morte di Carlo V, diviso il costui regno fra i due rami della sua famiglia, Venezia si trovò come tampone fra la Spagna, che dominava gran parte dell'Italia (nel rimanente faceva pesare la propria deleteria influenza) e l'Impero austro-germanico, che mirava al possesso di quella parte d'Italia che non era spaglinola ed anche — come lo si vide poi — di quella che lo era. La Repubblica di Venezia non era molto benevisa all'Impero tedesco, che aveva posto d suo centro in Vienna, sebbene questo, continuamente minacciato dal Turco per la valle del Danubio e dai ciglioni balcanici, dovesse servirsi della Repubblica per creare imbarazzi e diversivi al nemico comune dalla parte del mare e delle coste elleniche ed asiatiche. Perciò, fìngendo amicizia per la Repubblica veneta, o giovandosene — poiché non aveva flotta — contro i Turchi, il governo di Vienna lavorava volentieri, tutte le volte che se ne porgeva il destro, ai danni ili Venezia. Così fu eccitatore e protettore, or palese ora sottomano, degli Uscocchi, pirati di razza slava che si erano rintanati nel golfo del Quarnero e in tratti delle coste montuose della Dalmazia, 1 quali sembrava non avessero altro ufficio all'infuori di quello di molestare, corseggiando, la marina mercantile veneta. Un vero flagello dei mari ; a purgare i quali Venezia dovette armare flotte ed intraprendere tre vere guerre: nel 1545, nel 1593. nel 1606. Nel 1593. diffidando sempre più del potente vicino, fattosi soccorritore aperto degli Uscocchi, fondò la fortezza di Palma, a difesa del Friuli, aperto alle invasioni austriache. Nel 1614 ruppe in guerra coli'Impero assediando Gradisca, combattendo contro gli Uscocchi, alleati e protetti dall'imperatore. Conclusa la pace, gli Uscocchi, diventati inutili ed anche pericolosi amici furono dall' Impero abbandonati e Venezia allora potè definitivamente spazzarli dai suoi mari.
Un momento epico per Venezia che parve ritornata ai tempi della sua maggiore possanza — fu durante la guerra sacra, in cui le armi di Venezia, di Spagna, della Chiesa, di Napoli, di Genova, collegate, ruppero in quella guerra contro il Turco che ebbe per punto culminante la luminosa vittoria di Lepanto (7 ottobre 1571). Condottieri supremi di quella gloriosa armata furono: per Venezia, Sebastiano Venier: per Spagna, Don Giovanni d'Austria; per la Chiesa, Marc'Antonio Colonna, principe romano. La battaglia di Lepanto fu una delle maggiori giornate navali che la storia rammenti: avrebbe potuto avere conseguenze incalcolabili, ma non le ebbe, per il malvolere di Filippo II contro Don Giovanni d'Austria e per il calcolo egoistico di quel re, che impedì d'incalzare lo sgominato nemico pel timore che Venezia, riacquistate le terre perdute in Oriente e la preponderanza sui mari, facesse scapitare la sua influenza in Italia. Impedita di incalzare il nemico mentre Don Giovanni d'Austria veniva richiamato a Barcellona, predestinato a non lontana morte misteriosa dal sospettoso e cupo re, la Lega Sacra fu sciolta: e della vittoria di Lepanto non restò per l'Europa che la momentanea sosta del Turco nella sua espansione verso Occidente. Venezia, ad onta della gloria e della parte avuta nella grande battaglia, dovette rassegnarsi alla perdita definitiva di Cipro, avvenuta qualche tempo prima della battaglia, colla espugnazione di Famagosta, la cui eroica difesa fa di Marc'Antonio Bragadino un eroe della patria, ed il supplizio atroce, contro ogni patto per opera dei Turchi da lui sopportato ne fa uu martire della fede. Francesco Longo, storiografo contemporaneo, descrive minutamente le vicende delle guerre di Cipro e di Lepanto e mette in essere la mala fede e la cupidigia di Filippo II, dimostrando i danni inenarrabili che l'Italia aveva dalla dominazione spagnuola. Libro assai coraggioso per il tempo, ma evidentemente scritto sotto l'auspicio tacito, ma potente, del Governo veneto, il quale certo non poteva ignorare nè perdonare le macchinazioni del cupo re di Spagna.
Vel principio del secolo XVII la politica di Venezia è apertamente contraria alla dominazione spagnuola: tanto che a Madrid si meditò la famosa congiura contro Venezia, negata dal Darù, ina illustrata con acume storico, criteri e documenti inoppugnabili