Venezia
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indi si stipulò una pace breve ed Inefficace. Nella lega dei potenti, che fu sogno inattuato di Pio II, per muovere guerra a Maometto II e ricacciarlo al di là del Bosforo, Venezia ha parte predominante. Cristoforo Moro, il doge succeduto a Malipiero, va in persona ad Ancona, dove pure trova va si il papa, per capitanare la fiotta dei Collegati: ma il papa muore e ciò produce una sospensione, un ritardo nelle operazioni, che tornò a danno dell'impresa. Vittore Cappello, messo a capo della fiotta veneziana, è sconfitto a Metolino e ne muore di dolore; il cronista Malipiero, contemporaneo, ne fa questo semplice ma degno elogio: Si ha a cucio grati despiaser de la so morte, perchè Vera omo de gran virtù... (1167). In poco tempo la Repubblica acquista gran parte dell Albania per donazione di Giorgio Castriota, detto Scandtrbeg, che dalla rupe di Croja aveva difesa con estremo valore la piccola terra sua contro l'Ottomano.
ila pei- quanto minaccioso fosse il pericolo ottomano, le potenze ed i principi della Cristianità, costretti dalle loro cupidigie a combattersi gli 11111 cogli altri, poco se ne curavano e Venezia si vedeva sola a fronteggiare un nemico che ogni giorno più cresceva in potenza ed ardimento. Allora si rivelò tutta l'abilità della diplomazia veneta, che seppe sollevare contro gli Ottomani il re di Persia Ussan-Cassan, il re dei Cara-mani ed altri potenti signori asiatici. Il diversivo di queste guerre diede a Venezia un po' di tregua e tempo a prepararsi al nuovo cimento. Al doge Pietro Mocenigo la fortuna è propizia; dovunque combatte, vince e saccheggia. Incendia Smirne e distrugge o cattura quante navi ottomane incontra sul suo cammino e libera Scutari, ove i Veneti, sotto il comando di Antonio Loredano, da lungo resistevano contro uno strettissimo assedio dei Turchi ed erano pressoché in procinto di cedere per fame. E di Antonio Loredano, narrano i cronisti, che ai soldati ed al popolo affamati, tumultuanti perchè volevano la resa, snudando il petto e sventolando il vessillo di San Marco, disse:
< Eccovi la mia carne, saziatevene, ina durate nella difesa >. 11 Mocenigo, liberata Scutari. diresse al suo difensore queste nobili parole: « Ila ve te, Antonio, superato
< tutte le ment, delh progenitori vostri, che sono stati quanti può essere quelli di
< cadaun'altra nobile famiglia nostra: et quando ben volessimo commemorar tutti li
< fatti grandi, le vittorie et li trionfi delli maggiori cittadini nostri ab urbe condita
< fin questo giorno, siamo certi che non troveressimo operazione alcuna di tanta
< difficoltà, di tanti perìcoli et di tanta grandezza >.
La guerra contro il Turco durò ancora a lungo, con varia fortuna e, fra i molti valorosi, sono rimasti chiari nella storia, col battesimo d'eroi, i nomi di Paolo Erizzo, Alvise Calbo, Zane Bandomier, difensori di Negroponte, valorosissimi e martiri della fede quando caddero nelle mani del Turco, che li fece morire fra ì più atroci supplizi. Notevole pure la guerra di Rodi in aiuto dei Cavalieri Gerosolimitani, che più tardi trasmigrarono a Malta ; la difesa di Cipro, nella quale sedeva come regina, sposa a Jacopo Lusignano, una figlia di Venezia, Caterina Cornaro; e tante altre fazioni nei mari d'Oriente, per le quali, si può dire, che Venezia, nello scorcio del secolo XV, fu il solo vero baluardo dell'Europa occidentale e della civiltà cristiana contro l'invasione e la barbarie turca. Lasciata sola in questo aspro e grandioso conflitto dalle potenze cristiane, isolata anzi dalle loro diffidenze ed invidie e combattuta perfino nei suoi Stati di terraferma, mentre essa in Oriente faceva argine delle sue navi e del petto dei suoi figli più valorosi all'avanzare dell'onda mussulmana, Venezia, in un momento nel quale le sue armi non erano fortunate, dovette accettare la pace, perdendo Scutari e quasi tutto quello che possedeva in Morea, e pagando un canone annuo per la protezione ai commerci veneziani nelle terre soggette al sultano.
La pace firmata con Maometto II, che fu il punto di partenza della decadenza della Repubblica gloriosa, non durò a lungo. Il successore di Maometto II, il sultano Bajazet, eccitato da Alessandro VI, dal re di Napoli, da Lodovico Sforza e, purtroppo, anche dai Fiorentini, che più del Turco odiavano Venezia, ruppe di nuovo in ostilità