Venezia .l.lj
acquistare privilegi speciali; basta esaminare gli atti del Consiglio dei X, dei magistrati; basta leggere gli Annali del Sanudo e del Malipiero per vedere con quanta severità le colpe e le trasgressioni dei nobili fossero punite e come nei pubblici aggravi essi fossero imparzialmente trattati alla stregua degli altri cittadini.
Andrea Contarmi, il glorioso doge che aveva liberata Cliioggia dai Genovesi, morì il 5 giugno 1382. imperversando sulla città una terribile pestilenza. Fu eletto Michele Morosim (doge GÌ0); morto esso [iure ai 15 di ottobre dello stesso anno. Al 21 ottobre fu aletto Antonio Venier (doge ti2u). Sotto questo doge operoso, la Repubblica di San Marco riceve la dedizione di Corfù (1387) e, nel 1388-89, ricupera Treviso, Candia ed altre terre di quella Marca: Argo e Nauplia, nella Morea. Si riprende la guerra coi Carraresi, mentre Tamerlano, condottiero dei Tartari, sorprende la Tana e distrugge quel ricchissimo emporio del commercio veneziano. Si guerreggiò inoltre, ma con non troppa fortuna, contro Bajazet, sultano dei Turchi, che dall'Asia Minore si facevano sempre più minacciosi verso l'Impero bisantino e l'occidente d'Europa. In questa guerra Venezia e Genova si trovarono alleate; ma poco appresso furono ancora l'uria contro l'altra e Carlo Zeno, l'invitto capitano veneto che tanta gloria aveva acquistata nella guerra di Cliioggia, sconfìsse ancora una volta i Genovesi sotto il comando dell'ammiraglio Boucicaut, che comandava la città nel nome del re di Francia, al cui protettorato la città stessa si era data. Questa guerra fu l'ultima che di sangue fraterno insanguinasse le insegne di San Giorgio e di San Marco delle due gloriose Repubbliche mannare italiane (1403). Nello stesso anno continua la guerra contro i Carraresi. Le truppe venete, al comando del romano Paolo Savelli, conquistano Vicenza. Felt.re, Bassano, Belluno ed altri luoghi della regione prealpina ed alpina, e nell'anno successivo (1404) il Polesine.
Al doge Antonio Venier, morto sul principio del secolo, succede Michele Steno (doge 63°). sotto il quale le armi di Venezia debellano definitivamente i Carraresi, conquistano Padova, Verona e le regioni circostanti. Francesco Novello da Carrara fu, colla famiglia, condotto in parvenza d'ostaggio a Venezia; ma poi imprigionato improvvisamente insieme ai figli fu, per sentenza dei X, su processo formato da cinque savi a ciò delegati, segretamente strozzato in un coi figli Dell eccidio dei Carraresi fu fatto grande carico alla Repubblica di Venezia come di una crudele slealtà. Se ne fosse del caso si potrebbe agevolmente assumere la difesa di Venezia contro i declamatori romantici o sentimentali, che la ingiuriarono per questo suo atto di dura necessità politica, bene al disotto di quanto nello stesso periodo usavasi con maggiore frequenza ed assai minori ragioni politiche negli altri Stati italiani Ma Venezia, che colla soppressione dei Carraresi — volgari usurpatori di potere e cupidi tirannelli — assicura lunga pace a sè ed alle città da questi tenute, legandole alla propria fortuna e prosperità, non ha bisogno di queste postume difese, tanto più che la sua difesa si trova nelle teorie, sullo scorcio dello stesso secolo professate dal più grande e famoso dei politici italiani, Machiavelli
Continuasi sotto il dogado dello Steno la guerra contro Sigismondo re d'Ungheria e nel Friuli contro il patriarca d'Aquileja. Per gli Ungheresi ed il patriarca alleati è duce il fiorentino Filippo Scolari detto Pippo Spano, che a torto fu accusato di tradimento e d'aver ricevuto danaro dai Veneziani. Il patriarca di Aquileja, Lodovico di Tek, tedesco, che si era gettato capofitto in quella guerra, fu dai Veneziani vincitori desiderosi di togliersi alfine quel secolare nemico — spodestato, occupando il Friuli la regione sulla quale 1 patriarca esercitava la sua autorità sovrana e che gii dava largo contingente di nomini di valore. Il pontefice reclamò contro tale conquista; i Veneziani risposero essere pronti di restituire il Friuli ai patriarchi purché fossero indennizzati delle spese di quella guerra dal patriarca provocata — il conto della quale ascendeva a parecchi milioni di zecchini d'oro. Naturalmente nessuno si