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l'arte Prima — Alta Italia
lagune.L'armata veneta era rovinata, disfatta; Yittor Pisani, incolpato di questa disfatta, fu imprigionato. Per un momento parve che l'ora estrema di Venezia fosse per scoccare; e già gli alleati di Chioggia pregustavano la voluttà della sospirata vendetta e facevano i conti stili' immenso bottino che li aspettava. In sì grave momento Venezia non disperò di sè stessa e non disperavano i suoi reggitori, il suo popolo. Vittor Pisani è liberato dal popolo e rimesso al comando di una flotta improvvisata; con altre navi salpò il doge stesso in cerca del nemico e Carlo Zeno, altro arditissimo veneziano, radunate le navi che Venezia aveva sparse per i mari d'Oriente, dà la caccia ai Genovesi dovunque li trova, lino nei loro mari, nella loro riviera. La riscossa di Venezia, in quel momento supremo, fu sì rapida, forte ed eroica, che i Genovesi furono cacciati dall'Adriatico. Chioggia, l'Istria e varie isole ritornano in soggezione di Venezia. In quella mirabile fazione spetta al doge Contarmi l'aver ricuperata Chioggia; a Vittor Pisani e Carlo Zeno l'avere spazzato 1 mari dai nemici della Repubblica ed a Jacopo Cavalli, generalissimo di terra, d'aver condotte vittoriosamente le truppe della Repubblica nelle guerre contro i Carraresi e gli Ungheri nel territorio padovano. Perdita momentanea per Venezia in questo periodo fu la città di Treviso, della quale, profittando delle strettezze in cui si trovava la Repubblica per la guerra di Chioggia, si era impossessato Leopoldo I duca d'Austria. I Trevigiani si erano levati in armi ed avevano resistito all'assedio dì questo straniero, volendo serbarsi fedeli a Venezia. In compenso di questa prova e delle benemerenze acquistate durante la guerra di Chioggia, molti patrizi trevisani furono ascritti al Maggior Consiglio.
Periodo ottavo. dai 1380 al 1453. — In questo periodo, nel quale la Repubblica di San Marco raggiunse l'apogeo del suo splendore, della sua potenza, tennero il dogado Michele Morosini, Antonio Venier, Michele Steno, Tommaso Mocenigo, Francesco Foscari, Pasquale Malipiero.
Nel corso dei settantanni circa che passarono tra la guerra di Chioggia e la caduta di Costantinopoli, avvennero nell'interna organizzazione del Governo veneziano alcune mutazioni intese a rafforzare sempre più l'autorità della oligarchia dominante, a scapito sempre dell'autorità dogale e delle prerogative popolari. Così fu tolta al doge la facoltà di convocare VArengo, o conclone di tutto il popolo per averne l'approvazione in solenne determinazione od atto ; mentre l'uso di tali convocati era antichissimo, datando, si può dire, dai primi tempi della Repubblica ed al popolo assai gradito. Il momento scelto dalla oligarchia veneta per quest'altra limitazione del diritto sovrano del popolo e del doge fu opportunissimo. Fu un momento nel quale la prosperità politica ed economica della Repubblica era al colmo, il popolo contento e ricco; i commerci floridi, le industrie in pieno progresso; e nei commerci e nelle industrie — proficue — i nobili volontieri e facilmente si associavano coi loro capitali all'attività dei mercatanti e dei popolani. Ma parve alla oligarchia veneta necessità del momento di stringere il potere in ninnerò minore ili governanti, per evitare, come avveniva purtroppo nelle altre regioni d'Italia, il facile e rapido trapasso della autorità, del potere, dai governi popolari alla signoria assoluta. Nè è a dirsi che il popolo si lasciasse imporre quelle manomissioni perchè avvilito, abbrutito, senza coscienza politica, senza morale pubblica o domestica, tutt'altro: il popolo era ricco, industrioso, intraprendente, vivace, amantissimo della patria e della sua gloria e quindi non indifferente aila cosa pubblica, come lo provò coi saggi di eroismo e di disinteresse dato ai tempi della guerra di Chioggia e della Lega di Canibrai. Ma forse esso pel primo comprendeva la necessità del momento, sfuggita all'analisi dello storico, che allora si occupava assai più dei fatti clamorosi, che della fisiologia e psicologia degli Stati e delle loro istituzioni, da cui tali sacrifizi gli erano imposti e li accettava volentieri senza lamenti. Neppure è a dirsi che i nobili, consolidandosi in tal modo nel potere, mirassero ad