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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte Prima — Alta Italia
   ! Se alcuno uscito dalla terra perdesse il posto nel M. C., tornato, possa domandare ai Capi dei XL « se possa o no essere del M. C. Se ottiene dodici suffragi, sia del M. C.
   (! Si eleggono tre elettori che, come il signor Doge e suo Consiglio lo domandasse loro, possano « eleggere altri che non fossero del M. C. In tal caso, gli eletti debbono essere sottoposti uno per uno « allo squittinio dei XL e ottenere dodici suffragi »
   Da questa legge, che evidentemente limitava la facoltà dei cittadini a partecipare nel maggior Consiglio e la circoscriveva ad una data cerchia di persone, detta perciò serrata del Gran Consiglio, data il carattere oligarchico serbato costantemente dal Governo della Repubblica di San Marco, dalla fine del secolo XIII fino alla sua caduta cinque secoli precisi dopo.
   Questa legge e le altre restrizioni che ne seguirono ancora, a danno del principio democratico, furono un bene od un male? Gli storici sono dubbiosi nel pronunziarsi su un quesito sì arduo. Osservando però la continuità regolare avuta dal Governo della Repubblica per un mezzo millennio di storia, mentre è pressoché spaventoso il quadro ielle mutazioni avvenute nei vicini Stati italiani e delle guerre e delle oppressioni in cui caddero, ed osservando eziandio che appunto sotto questa forma di governo Venezia toccò l'apogeo del suo splendore e della prosperità interna e della sua potenza all'estero ; che il popolo accettò di buon grado la riforma contro la quale non si levò mai, ad onta dei tentativi di congiure ordite da Simeone Steno e da Marino Rocco o Bocconio — condannati insieme ai loro compagni nel capo — bisogna convenire che dalle riforme alla Repubblica danno non ne venne; tutt'altro anzi. E non sarebbero mancate occasioni al popolo, se l'avesse voluto, di ribellarsi e avere ragione dei pochi nobili, se il loro Governo si fosse, come in tanti altri luoghi avvenne per odiosi eccessi, reso insopportabile. All'incontro, come osservò Carlo Cattaneo, non certo uomo amante di schiavitù, « il popolo prima, poi i sudditi amavano il Governo, poiché il fondamento < del Governo veneto non era il terrore, ma una nobile amicizia dei popoli >.
   Mentre si attendeva a questi importanti mutamenti all'interno, non taceva l'attività guerresca e diplomatica della Repubblica, che rompeva nel 1302 in ostilità contro Andronico Paleologo imperatore di Costantinopoli, a combattere il quale mandò una formidabile armata navale, e procacciavasi amici ed alleati al di fuori mandando le proprie donzelle a maritaggi cospicui, come avvenne nel 1305 a Costanza Morosini, gentildonna di Venezia, data in isposa a Venceslao re di Polonia.
   Nel 1307 scoppiò asprissimo conflitto tra Venezia e la Corte romana — il primo della non breve serie — a causa della intromissione di Venezia nella contesa fra il fratello ed il figlio di Azzo X d'Este, disputantisi il dominio di Ferrara. La Curia Romana, alla quale la guelfa casa degli Estensi era devota, proteggeva Francesco, fratello di Azzo; mentre Venezia aveva preso a sostenere le parti del tìglio di Azzo, cacciato dallo zio da Ferrara. I Veneziani mandarono navi e truppe lungo il litorale ferrarese; occuparono la città, ne cacciarono Francesco e vi stabilirono un loro governatore. Il papa Clemente V, che li aveva diffidati dalla impresa, li fulminò di scomunica (1308), mentre chiamava a raccolta i Guelfi dell'Alta Italia contro la Repubblica di San Marco. Ad aiutare i Veneti non mancarono i Ghibellini fuorusciti da Bologna e da altre città. Ma non bastarono. Le truppe veneziane furono sconfitte dalle guelfe e dai fuorusciti ferraresi unitisi a quelli sotto il comando del cardinale-legato Arnaldo Pelagrua. Questa sconfitta fu di grave danno alla Repubblica, ma più dannosa ancora per l'interdetto religioso che pesava sulla città, perocché le loro navi, i loro fondachi e le loro merci sparse ovunque parvero a tutti buona preda, come roba di gente fuor della legge naturale, scomunicata ed infedele, verso la quale nessun obbligo era più da temersi. Quanti non volevano pagare i lor debiti verso ì mercatanti veneti, trovavano comodo assai il dichiararsi ossequenti alla Santa Sede e scrupolosi osservator dell'interdetto che colpiva Venezia ed i suoi cittadini. A questa rovina inaspettata dei