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l'arte Prima — Alta Italia
Periodo sesto : dal 1259 al 1310. — Dalla perdita di Costantinopoli alla istituzione del Consiglio dei X — magistrato ch'ebbe poi singolare specialissima importanza nel Governo della Repubblica dal principio del secolo XIV fino alla sua caduta — furono dogi Lorenzo Tiepolo, Jacopo Contarmi, Giovanni Dandolo, Pietro Gradenigo.
La perdita di Costantinopoli — per quanto attenuata nei suoi effetti commerciali, economici, dalle abili negoziazioni fatte col Paleologo — aveva indotto Venezia a modificare gli obbiettivi della sua politica estera, e per rialzare il proprio prestigio menomato in Oriente, con maggiore assiduità di quel che prima non avesse usata, volgere la sua attenzione alle cose d'Italia e rafforzarsi sui mari italiani, ove Genova, temuta rivale favorita dai Paleoioghi, tentava di avere la supremazia.
Così, dal dogado di Rinieri Zeno in poi, le guerre con Genova si fanno sempre più frequenti ed accanite; le paci che ne interrompono apparentemente la continuità sono effimere e brevi, e, più che {taci vere, tregue d'armi per dar tempo ai combattenti di preparare nuove armi, nuove navi, nuovi mezzi di offesa al riprendere con lena maggiore delle ostilità. Dal 125G, anno in cui Genovesi e Veneziani vennero a battaglia navale nelle acque di San Giovanni d'Acri, al 1270, le varie guerre tra Genova e Venezia enumerate o descritte dai cronisti contemporanei si possono considerare negli effetti e nella sostanza per una sola, unica guerra combattuta con alterna vicenda e rotta solo da brevi pause, necessarie ai combattenti per rifornirsi di forze.
Nel 1268, alli 17 di luglio, muore il doge Rinieri Zeno, e gli succede pochi giorni appresso Lorenzo Tiepolo (46, doge). Questo principe trova tempi difficili e burrascosi; Venezia, già impegnata in una serie di guerre navali con Genova, deve pure sostenere guerre in terraferma coi Bolognesi per questioni di gabelle; cogli Slavi e gli Istriani di Pola, che di tanto in tanto tentavano di sottrarsi alla signoria veneta; col patriarca di Aquileja, che sempre intrigava ai danni di Venezia coi nemici vicini o lontani di questa; cogli Anconitani, i Ravegnani, i Padovani, i Trevigiani, per ragioni di commercio, di acque, di confini. Con queste guerre Venezia imponeva ì patti a Bologna, conquistava Cervia, domava Capodistria, s'impadroniva di Almissa in Dalmazia e Montona in Istria, e teneva in freno Trieste ed i patriarchi di Aquileja, conservando l'assoluta supremazia sull'Adriatico, necessaria al mantenimento dei suoi possessi e delle sue colonie in Oriente ed al monopolio del commercio nell'Italia superiore: la Germania, parte della Francia e dell'Europa settentrionale.
Al doge Lorenzo Tiepolo, morto nell'agosto del 1275, succede Jacopo Contarmi (doge 4'7°), il cui dogado non fu molto lungo e si segnalò per l'acquisto e la sonimes-sione di Capodistria, e per una spedizione contro gli Anconitani che davano molestie ai traffici ed alla navigazione dei Veneziani.
Nel mese ili marzo 1280, gravemente infermo, Jacopo Contarmi rinunzia al dogado e muore nel susseguente aprile; viene eletto in suo luogo Giovanni Dandolo (48° doge), il quale continuò la guerra in Istria e contro il patriarca di Aquileja, eccitatore degli Istriani e dei Triestini contro Venezia. Dal 1285, dogando Giovanni Dandolo, data il primo zecchino d'oro coniato dalla Zecca veneta, ed una gentildonna veneziana, Tom-ìnasina Morosini, è condotta in isposa da Stefano re d'Ungheria. Il che prova in quanta estimazione fosse presso i potenti d'Europa il patriziato veneziano.
Nel novembre 1289 muore il doge Giovanni Dandolo e gli succede dopo pochi giorni Pietro Gradenigo (doge 49), che subito s'impegnò in guerra col patriarca di Aquileja; e ben presto deve rompere in nuova ed aspra guerra contro i Genovesi nei mari d'Oriente. Ed è questo un momento assai grave per la Repubblica di San Marco. In questa guerra Venezia si trovò contro, oltre i Genovesi, anche i Bisantini, che non tenevano — secondo lor costume — fede ai patti. I Veneziani minacciarono Costantinopoli, devastarono il quartiere di Pera e di Calata, concesso dall'imperatore ai Genovesi che vi tenevano i loro fondachi, i loro banchi e vi approdavano colle loro