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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   206 l'arte Prima — Alta Italia
   d'Oriente era sparita coll'avvenuta distruzione dell'impero stesso, ed i nipoti di quegli antichi Veneziani che usavano i titoli di ipato, di protosebaste e di protovestiano, smesse le antiche denominazioni, chiamarono il capo della Repubblica doge di Venezia, di Dalmazia e Croazia, e signore o domino di una gran parte dell'impero di Rumania. Normalmente col procedere degli anni, il progredire degli usi, l'aumentare continuo della potenza politica all'estero, dovevano per necessità di cose corrispondere ordinamenti nuovi nella politica interna dello Stato. Come osserva il Foscarini, il Governo di Venezia non ebbe legislatore, perchè non venne mai dominato assolutamente dal potere ili uno solo. Nè eravi necessità di legislatore e di diritto scritto dove il Governo poteva dirsi un fatto che andò lentamente compiendosi : fatto che partiva dalle istituzioni romane. Perocché nessun governo nell'Occidente d'Europa potè dirsi, attraverso le tumultuose vicende delle invasioni barbariche e delle rivoluzioni medievali, derivazione più completa, ininterrotta, dalle tradizioni e dagli istituti romani del Governo di Venezia.
   Nella rapida corsa che abbiamo fatto attraverso i primi secoli della storia di Venezia, abbiamo visto come l'interno ordinamento dello Stato, conservando le sue basi su quanto sopravviveva del jus romano, si trovò (li per sè solo come costituito nelle due autorità, maggiorenti e popolo, le quali unite formavano la suprema autorità. La quale, affidata poi ad un principe elettivo, fu moderata dalla volontà del popolo, evitando, prima, che diventasse ereditaria, poi mettendo ai fianchi del principe dei consiglieri, indi togliendogli ogni potestà giudiziaria. Ma tutto ciò non avvenne per mutamenti prestabiliti, ina per una successione di evoluzioni avvenute nello spirito pubblico, a seconda dei casi e delle necessità politiche dei tempi e del dominio della Repubblica, salva sempre la base del diritto connine nella confermazione del popolo (cotlaudatione populi Venetiarum). 11 Connine dì Venezia, al tempo della grande espansione comunale nell'Italia settentrionale e nella centrale, era già di per sè una cosa diversa dagli altri Comuni di quel tempo, fossero pure quelli potentissimi di Milano,di Genova, di Bologna,di Firenze,di Verona. Pur chiamandosi o considerandosi da alcuno Comune, era una cosa tutta a sè ; i principi stranieri e gli altri Comuni d'Italia, coi quali trattava, lo tenevano come una vera sovranità, sulla quale non pesava quella virtuale sudditanza all'Impero — effettiva o simbolica che fosse — la quale i Comuni italiani vincitori a Legnano non avevano saputo scuotere nel trattato di Costanza.
   Generalmente le riforme avvenute negli ordinamenti interni dello Stato veneziano, a differenza dì quanto avveniva nel contempo altrove cominciando dalle finitime regioni italiane, nacquero col mutare delle circostanze sì nell'interna come nell'esterna politica senza violente scosse, 11011 mutando mai le forme del governo repubblicano; e se col progredire del tempo forme e consuetudini, gradite e tradizionali nella moltitudine, ebbero a subire qualche mutamento sostanziale, ciò avvenne quasi sempre per effetto di lenta preparazione negli animi delle moltitudini, abituate all'intrinseco della riforma, quando questa era ancora da attuarsi.
   Lo scorcio del secolo XII fu segnalato per le grandi riforme e mutazioni che avvennero nell'ordinamento politico interno ed esterno della Repubblica e del Comune di Venezia. Mentre da un lato fu ristretta l'autorità del doge, dall'altro veniva pure limitata quella del popolo, e cominciava a formarsi quella oligarchia di governo che conservò la continuità alla repubblica — a differenza di ciò che avvenne negli altri Stati italiani — e ne tenne il governo per sei secoli ancora. In luogo del plebiscito, si stabili di eleggere ogni anno un Consiglio di quattrocento ottanta cittadini ili ogni ordine, in ragione di ottanta per ognuno dei sei sestieri della città. E questo Consiglio, detto maggiore (major Consilium), concentrò in sè l'autorità del popolo tutto; salvochè, quando si trattava di argomenti importanti, diventava necessario il collaudo plebiscitario del popolo (collaudationem populi Venetiarum) o, press'a poco, il referendum dei