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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte Prima — Alta Italia
   tenne fronte alla prepotenza del vescovo di Belluno. Curò il miglioramento materiale ed edilizio di Venezia e delle isole, compiendo il palazzo Ducale e spingendo con alacrità i lavori della basilica marciana dal padre suo cominciata; sistemò i canali, riabbellì Grado ed Eraclea, regolò i canali e la navigazione della laguna. Siccome il popolo mormorava per i balzelli, egli convocò la Conclone, o assemblea generale; volle che tutti esponessero i loro reclami, le cause del malcontento; egli diede ragione di tutto e si giustificò tanto, che al termine dell'adunanza fu dal popolo portato in trionfo; e sì che era quel popolo medesimo che non aveva esitato a deporre e anche ad uccidere altri dogi. Al suo figlio primogenito procurò nozze cospicue colla figlia dell'imperatore d'Oriente, e quando la sposa venne a Venezia si fecero feste grandiose e straordinarie largizioni di grazie e di danaro per il popolo. Pietro Orseolo, e con lui Venezia, ebbero anni di felicità e fortuna, troncate dalla carestia e dalla conseguente pestilenza manifestatesi in tutta Europa tra il 1(106 e il 1007. La famiglia del doge stesso fu colpita dal morbo: il figlio primogenito, la nuora e i nipoti ne morirono, ed egli gran parte della sua ricchezza impiegò nel provvedere pane al popolo e nel soccorrere gli appestati.
   Pietro Orseolo li morì nel 1008, e gli fu dato successore il figlio Ottone Orseolo (doge 27°). À Pietro Orseolo II gli storici fanno risalire l'instituzione di quella genialis-sitna festa del simbolico sposalizio del mare fatta dal doge in segno di possesso e perpetuo dominio. Ma altri, e l'orse con più ragione, danno alla festa origine più recente.
   Periodo terzo dal 997 al 1099. — Questo secolo comprende uno dei periodi più operosi nella storia della Ile pubblica veneta: va dalla conquista dei primi possedimenti in Dalmazia alla prima crociata; momento di attività sorprendente per efficacia e saggezza, dal quale uscì definitivamente plasmata la potentissima Repubblica, che tanta parte ebbe nelle vicende d'Europa dal secolo XIII al XVII.
   Ottone Orseolo assume il governo in un momento assai triste: la Repubblica usciva allora dalla duplice crisi della carestia e della pestilenza che, come sempre avvenne per tale calamità, aveva lasciato lungo strascico di dolore, di miserie e di malcontento. Egli provvide a regolare le finanze della Repubblica, cominciando a diminuire i censi che dallo Stato per la carica gli venivano pagati; costrìnse all'obbedienza il vescovo di Adria; combattè gli Slavi ed i Narentani ribelli; vince in guerra Mulcimiro condottiero dei Croati, ed impone a questa gente un tributo e ne tiene alcuni paesi. Ciò non
   10 salva dal malcontento popolare; ed è da un ammutinamento costretto a fuggire insieme ai suoi fratelli che coprivano cariche ecclesiastiche. Il patriarca di Aqudeja profitta del momento per muovere in armi contro Venezia, a rivendicazioni di pretesi diritti conculcati. I Veneziani richiamano il doge, che vince il patriarca e lo ritorna all'obbedienza. Una nuova congiura si forma e trionfa contro il doge: è deposto, raso e mandato in esilio a Costantinopoli. Indubbiamente Ottone Orseolo fu uomo giusto ed abile politico ad un tempo; ond'è che mal si spiegherebbe la sua doppia cacciata da Venezia, contro la quale, declamando sulla instabilità ed ingratitudine del popolo, gridarono molti storici, se non si tenesse conto della tendenza del tempo, colla quale
   11 feudalismo militare ereditario fu detto < peste d'Europa >. I Veneziani, che viaggiando pei loro traffici nelle varie regioni d'Oriente e d'Occidente, vedevano a che cosa conducesse il feudalismo militare, cioè alla rovina ed alla servitù assoluta del popolo, cominciarono a trepidare che l'ingrandimento della famiglia Orseolo, la sua parentela cogli imperatori d'Oriente ed il re d'Ungheria Geiza, l'amicizia cogli imperatori di Germania e con altri principi, le largizioni alla plebe per averne il favore, costituissero minaccie serie per la libertà dello Stato; e non avevano torto. Laonde tutte le volte che i dogi tentarono di assorbire il potere, con pericolo della libertà repubblicana, seppero toglierli di mezzo: così fecero per ì Partecipazio, i Candiano ed altri, e così fecero contro gli Orseolo.