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l'arte Prima — Alta Italia
stranieri colla dedizione agli Absburgo. Per antica consuetudine, ai 2 febbraio, nella chiesa allora cattedrale di Castello, eelebravausi, benedette dal vescovo, numerose nozze di donzelle veneziane. Il corteo dei fidanzati portavasi all'altare con grande pompa, accompagnato da parenti ed amici, ed il doge assisteva alla cerimonia. Le spose portavano l'« arca » o cofano, nel quale era custodito il valsente della dote. 1 Triestini. volendo emulare le imprese dei loro vicini, i Narentani. pensarono di profittare di quella circostanza per far bottino e buona preda delle fanciulle.
Appostatisi nelle boscaglie, di cui allora era coperta in gran parte l'isola vicina, piombarono sul corteo degli sponsali mentre questo ritornava dalla cerimonia. Colti alla sprovvista e senza armi, perchè a quella cerimonia era il divieto di portare armi, t Veneziani non poterono sul momento opporre valida resistenza: onde i Triestini, impossessatisi delle donne, le trascinarono a bordo delle loro navi, sciogliendo tutte le vele per la loro eittà. Ma all'avviso di quel tradimento il popolo s'arma, e col doge alla testa precipita alle imbarcazioni ed alle navi. A forza di remi raggiunge i fuggiaschi. mentre stanno dividendo le prede. Si accende una battaglia sanguinosa ma la vittoria, specie per il valore spiegato dai casselleri, i legnaiuoli che fabbricavano gli stipi e le casse usate per il trasporto delle merci, restò ai Veneziani, che ricondussero in città le loro donzelle e le doti mal prese dagli avventurosi Triestini. Di questo fatto rimase grande rancore fra le due città, e portò non poco contributo all'asprezza delle lotte future.
Pietro Candiano li muore nel 939; gli succede Pietro Partecipazio (doge 20°), sotto il quale Venezia, che s'era fatta rispettare dai vicini nemici, godette di una pace proficua. Nel 942 muore Pietro Partecipazio, ed è eletto Pietro Candiano III (21° doge), che deve tosto riprendere la guerra contro gli Slavi di Narenta e d'altri punti della costa dalmata e contro i Coniacchiesi. Associatosi il figlio, quando si accorse che questi cospirava per togliergli il coniando supremo, lo mandò in esilio. Questi, recatosi alla Corte del re d'Italia Berengario lì, che non vedeva di buon occhio l'indipendenza di Venezia, diede armi e mezzi al fedifrago per tentare un'impresa contro il padre e la patria. A tanto eccesso Pietro Candiano III mori di crepacuore; ma un gran partito aveva il ribelle in patria, e questo prevalendo fu chiamato a succedere nel dogado al padre (959). Pietro IV Candiano (doge 22°) si mostrò all'interno duro e tirannico; ma nei rapporti esterni fu abile politico e valoroso guerriero, onde dal suo governo la Repubblica crebbe in forza e prestigio. Combattè contro i Ferraresi e ne mise a sacco il territorio : ugualmente fece con Oderzo ed altre città del Veneto. Per quanto fosse stato favorito da Berengario II, nella disgrazia di questi seppe destreggiarsi con Ottone 1 e renderselo amico, ed in pari tempo si tenne sempre in ottimi rapporti cogli imperatori d'Oriente. Vietò con leggi severissime il traffico degli schiavi coi Saraceni, e proibì ai Veneziani, sotto pena di morte, di portare messaggi di principi stranieri a Costantinopoli senza passare da Venezia ed avvisarlo. Questo ordine prova quanto importasse fin d'allora alla politica veneziana di avere sola nelle inani il filo ili tutto quello che si trattava fra l'Oriente e l'Occidente.
Com'era stato figlio ingrato e perverso, Pietro Candiano IV fu anche coi suoi famigliari spietato. Per avidità di ricchezze ed ambizione di potenza, volendo sposare Gualdrada figlia del marchese Ugo di Toscana, repudia la propria moglie Giovanna veneziana e costringe il figlio a farsi monaco. Condusse la nuova sposa in Venezia con onori regali, e circondò la sua casa di militi stranieri assoldati, che cominciarono ad insolentire ed a gravare con soprusi sul popolo. La pazienza popolare non sopportò a lungo gli oltraggi: ammutinatosi il popolo, per istigazione di alcuni maggiorenti e di congiunti stessi del Candiano, incendiò il palazzo Ducale; e l'incendio memorabile si propagò rapido sulla chiesa ov'erano serbate, come preziose reliquie, le ossa di S. Marco, e di casa in casa, di quartiere in quartiere, arrivò sino a S. Maria Zobenigo, distruggendo