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l'arte Prima — Alta Italia
vero questo che, nel 1524, viene dimesso da proto della fabbrica per essersi preso l'arbitrio di alterare in più luoghi il modello. Gli viene sostituito il tìglio Sante, allora giovane di 20 anni, coliobbligo di consultare il padre nei casi più difficili. « L'atto della Confratelli: Dita — soggiunge il citato scrittore — se lo dinota « non più che esecutore di un modello che già esili steva, convalida la presunzione che la prima idea di « tale opera partisse da alcuni dei suoi maggiori e proti babihnente dal di lui avo. in considerazione del a quale sarà forse stato prescelto ». Ma anche il Sante non soddisfece, a causa dell'insubordinazione e del a prurito di agire a proprio talento » ai confratelli della Scuola, che con deliberazione del 20 maggio 1527 ló dimisero dall'ufficio, nel quale, il G ottobre 1527, veniva assunto maestro Antonio Scalcagnino, che condusse a termine la fabbrica lasciata dal Lombardo incompiuta, vale a dire ultimando la facciata posteriore, mettendone al coperto il tetto, innalzando dalle fondamenta il cosidetto Albergo e riducendo le scale a migliore disegno, lavori che durarono fino al 1545.
L'essere passato per tanta trafila di esecutori non ha nuociuto all'edilizio, che compiuto apparve si all'esterno che all'interno dei più sulenni e maestosi che la Venezia del secolo XVI, che pure ne vide tanti, abbia visto sorgere. Delle due facciate singolarmente lodata è quella che dà sul Campo, alla quale attese con maggiore sollecitudine lo Searpagnino e di cui le bifore, le decorazioni, la cornice e tutti i particolari sono di un'eleganza rara, d'un buon gusto squisito, come e caratteristica delle concezioni migliori del Rinascimento. Dicesi che questo edilìzio costasse alla Confraternita di San Rocco la bella somma di 45.000 ducati d'oro.
L'interno dell'edilizio corrisponde appieno alla magnificenza esteriore, poiché se quivi domina la grandiosità e la correttezza delle linee architettoniche, la ricchezza delle decorazioni a scalpello, nell'interno hanno il sopravvento i fasti del pennello e gli intagli leggiadri, le dorature e gli stucchi raffinati.
In questa Scuola lavorò per vent'aimi Jacopo Robusti detto il Tintoretto e, data la singolare fecondità di quel grande artista, è facile 1 immaginare il numero dei dipinti d'ogni sorta ch'egli vi ha lasciati, si che la Scuola di San Rocco oggi a buon diritto potrebbe chiamarsi la pinacoteca speciale del Tintoretto. Infatti egli dipinse per la sala terrena — a tre navate, sostenute da belle colonne corinzie — Y Annunciazione, IAdorazione dei Magi, la Strage degli innocenti — uno dei quadri nei quali egli fcce maggior pompa della sua fantasia creatrice — la Maddalena, Maria Egiziaca, l'Assunzione e la Circoncisione.
La grande sala al piano superiore, ove si tengono le riunioni plenarie della Confraternita, è in ogni parte coperta di grandiose e magnifiche pitture dello stesso Tintoretto, aventi per soggetto: Risurrezione di Lazzaro, Moltiplicazione dei pani e dei pesci — lavoro di magistrale fattura — la Coena Domini, il Battesimo del Nazareno, la Natività, discostantesi adatto
dai presepi che generalmente furono dipinti anche dai granili maestri, San Hocco, la Preghiera nell'Orto, la Piscinu Probutiea e sopra la porta il proprio ritratto, fatto nel 1578 quando aveva già 0(3 anni.
Il soffitto:, tutto ad intagli dorati, è diviso in sette scompartimenti, nei quali ii Tintoretto illustrò fatti biblici colla consueta uuvità d'invenzione e freschezza di colorito.
La sala detta delY Albergo è pure completamente coperta di quadri del Tintoretto, fra i quali spicca la tela della Croce fissione, ritenuta come il capolavoro del grande artista e nota in tutto il mondi per le molteplici stampe che se ne tirarono da maestri del bulino.
Oltre del Tintoretto dipinsero, per la Scuola di San Rocco, Tiziano Vecellio, del quale è la superba Annunciazione sul pianerottolo delio scalone; Antonio Zanchi, che vi dipinse il quadro della Peste ; e Pietro Negri la tela Venezia liberata dalla peste. I bellissimi dipinti a fresco della cupola sono di Girolamo Pellegrini; vi sono pure dipinti di Francesco Toffolini da Bologna e d'altri artisti della decadenza.
Fra le scolture notevoli le statue di San Fiocco, del Battista, di San Sebastiano, dovute a Girolamo Campagna ; e gli intagli in legno rappresentanti i Fatti della vita di San Rocco furono lavorati da Giovanni Marchio: : ed altri sotto i quadri della grande sala sono di Francesco Pianta e di Michelangelo da Firenze.
Il tesoro della Scuola conserva artistici lavori di oreficeria del secolo XVI e del XVII.
La Scuola di San Rocco, al paro di tutte le altre, fu chiusa e soppressa nel 180G; ma poi ricostituita nello stesso anno, ed è l'unica delle sei scuole grandi di Venezia che sia arrivata fino al riostro tempo. Di questa Scuola erano soci di diritto il doge, come capo dello Stato, ed il patriarca, come capo della Chiesa veneta ; continuando la tradizione furono inscritti nell'albo dei soci gli imperatoli d'Austria ed i re d'Italia che dal 1815 in poi ebbero dominio come capi dello Stato in Venezia.
La potenza di questa Confraternita, al cadere della Repubblica, si riassume in queste cifre: rendita annua 00.000 ducati; 800.000 ducati di capitale, dati a censo nella pubblica zecca e perduti colla caduta della Repubblica ; più altri 50.00U ducati donati alla Re-publica nelle strettezze degli ultimi tempi e 200.000 pagati per essa come garanzia al prestito detto di Sovvenzione, contratto in quel tempo dal Governo veneto per riparare alla bufera che lo minacciava ; indi 18.000 oncie d'argento pure somministrate alla Repubblica. Nei tempi andati la Scuola di San Rucco manteneva del proprio, durante le guerre della Repubblica; un certo numero di militi, e garantiva i prestiti dello Stato. Esercitava pure la beneficenza ; erogava 8000 ducati all'anno per collocamento di donzelle povere ; soccorreva i carcerati infermi e disponeva d'una certa somma per liberare dal carcere ì debitori disgraziati. Ora, per quanto prosperosa, la Scuola di San Rocco è, quanto a patrimonio, ben al disotto di quello che era alla fine del secolo scorso.