Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincia di Venezia', Gustavo Strafforello

   

Pagina (160/387)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (160/387)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   154 Parto Prima
   quale passò in potestà della Repubblica: questa poi, nel 1381, ne fece donazione all'amico ed alleato suo Nicolò d'Este, marchese di Ferrara, e quivi gli Estensi abitavano nelle loro frequenti gite a Venezia. Ma, terminato sulla fine del secolo XV o sul principio del XVI l'idillio veneto-ferrarese, avendo Alfonso lì fatto adesione alla Lega di Carnbrai, la Repubblica confiscò il palazzo e ne fece la residenza dei nunzi pontifici, che vi dimorarono per anni parecchi.
   Avvenuta la pace tra Venezia e Ferrara, il palazzo fu di nuovo restituito agli Estensi; indi, in causa di novelle divergenze, ad essi ritolto, poi restituito ancora; sì che, nel 1573, quando Errico III, re di Polonia, ritornava, alla morte del fratello, in Francia per salire su quel trono, Alfonso III d'Este, duca di Ferrara e di Modena, venne a salutarlo in Venezia, dimorando in questo palazzo, ove diede feste suntuose. Più tardi Cesare d'Este cedeva questo palazzo al cardinale Aldobrandino il quale, alla sua volta, lo vendette a Michele Priuli, vescovo di Vicenza. Nel 1621 la Repubblica Io comperava dalla famiglia Priuli per concederlo ai Turchi o Levantini residenti in Venezia, che da molto tempo reclamavano di avere, al paro dei Greci e dei Tedeschi, un luogo fisso di deposito per il loro mercato e di ritrovo pei loro connazionali. Indicibile lo scempio che fecero quei semibarbari di questo insigne monumento. E quando, nel 1838, ne fu cacciato l'ultimo turco, che ancora vi teneva bottega, l'edilizio era in uno stato di deperimento e disordine tale da fare sembrare quasi ineseguibile qualunque proposta di riattamento. Ne fece allora acquisto l'intra-prenditore di lavori pubblici Antonio Busetto, detto Pelrich, il costruttore del ponte della Laguna, che ne fece un deposito di marmi e d'altri materiali. Dopo varie vicende, nel 1800 il Fondaco dei Turchi passò in proprietà del Municipio, che con lodevole pensiero deliberò di ripristinarlo, in quanto fosse possibile, all'antico splendore e diede l'incarico dei lavori all'ingegnere Berchet, spendendo in ciò un'ingente somma, alla quale concorse anche l'imperatore d'Austria attuale, Francesco Giuseppe.
   Più che il l'istauro, compiuto il rifacimento dell'e-difizio, il Comune pensò di allogarvi le sue ricche collezioni di oggetti d'arte e di antichità costituenti il Museo Civico, alle quali aggiunse quelle pure ricchissime costituenti il celebre museo della famiglia Correr, venuto, per il testamento di Teodoro Correr, morto nel 1830, pur esso in proprietà del Comune.
   Queste copiose, ricchissime collezioni di oggetti d'arte, o storici, o d'uso, rari o antichi, nostrali o di altri paesi, razionalmente disposte dai professori Alessandri e Lorenzetti in questi ultimi tempi, fanno del Museo Civico di Venezia uuo dei più ricchi, istruttivi ed interessanti d'Europa.
   Le collezioni occupano, oltre tutto il vasto locale del Fondaco dei Turchi, l'attigua casa che fu del Correr e lasciata, insieme al Museo, al Comune.
   Com'è nostro uso, faremo una rapida corsa attraverso alle sale, limitandoci a segnalare al lettore le
   — Alta Italia
   cose di maggior pregio, o artistiche o storiche, in esse contenute
   I. Armeria. — Elmi e capelletti in ferro raljescate dei secoli XV e XVI, di fabbrica fiorentina e milanese ; corazze del secolo XV e del XVI di varie forme, lavorate al cesello, a sbalzo, ageminate, delle quali una colla storia di Muzio Scevola, grandi alabarde da parata con aste lunghe metri 2,32 e 2,06, cori incisioni, arabeschi, trofei e stemmi di patrizi veneti ; vessilli e bandiere di varie specie, tra cui vari labari turchi in seta ed altre stoffe, con iscrizioni coraniche trapuntate in oro.
   II. Sala dei dipìnti. — Quadri di varie scuole, tra cui due del Carpaccio, del Longhi, del Bissolo, dello Zurcato, del Canaletto, del Girardi, e fra i Fiamminghi : di Isacco Van Nickeln, di Adamo I'raume, di Gherardo da Anversa, di A. Guerfurt ; e d'altre scuole, tra cui la francese è rappresentata dal Callot e la tedesca da vari anonimi.
   I1I-VI. Raccolta Francesco Morosini. — In queste quattro sale venne raccolto quanto di più prezioso, in linea d'arte o nei rapporti storici, conserva-vasi nel vecchio palazzo dei Morosini a Santo Stefano e che, per testamento della contessa Loredan-Moro-sini-Gottcmburg, ultima della storica famiglia, passò per legato al Comune, il quale, per completare la collezione degli oggetti che appartennero all'ultimo dei grandi capitani avuti dalla Repubblica di Venezia, caduti in altre mani, spese ingenti somme. Notevolissimi gli abiti dogali indossati da Francesco Morosini detto il Peloponnesiaco, la stola, il costume da generalissimo del mare ed il bastone del comando in tale qualità, la bandiera della sua nave ammiraglia; vari fanali da galee e galeazze ; tamburi, cannoncini, armi diverse; scolture greche portate da Atene e da altre isole dell'Arcipelago ; inginocchiatoio in legno scolpito e libro di preghiere del Morosini, nella legatura de! quale è celata una pistola di piccolo calibro ; armi orientali ed altre spoglie turcbesche, e quadri rappresentanti le battaglie di terra e di mare delle quali il Peloponnesiaco fu l'eroe.
   VII. Numismatica. —¦ Ricca collezione di tutte le monete, oselle, veneziane, muranesi ; tessere, bulli ducali, monete ossidionali; medaglie di papi, di dogi, di personaggi illustri, di principi, o commemorative di avvenimenti solenni; punzoni, placche e strumenti; completa la collezione degli zecchini d'oro coniati dalla zecca veneziana; insegne di cavalieri di San Marco, ecc. Le pareti di questa sala sono adorne di quadri di varie scuole : ve ne sono di Domenico Tintoretto, di Giovanili Bellini, di Rosalba Carriera e del Barchel; poi di Giacomo Da Ponte, di Antonello da Messina, di Gentile Bellini ed un Cesare Borgia, di maniera leonardesca, attribuito anzi a Leonardo.
   V1II-IX. Sala dei Costumi. — Ve ne sono di varie epoche, specialmente dei secoli XVII e XVIII : spiccano per ricchezza di stoffe, varietà di colori e di trapunti gli abiti delle donne, le velarle dei gentiluomini, del secolo XVIII ; toghe, stole da senatori ;