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l'arie Prima — Alta Italia
assistevano quasi sempre il doge e gli altri dignitari della Repubblica sia dai loggiati del palazzo o di San Marco, sia scendendo processionalmente sulla piazza stessa fra il popolo. Ma non sempre erano feste quelle che avvenivano sulla piazza, ma ben anche esecuzioni capitali e sollevazioni di popolo.
Oggi la piazza San Marco è pur sempre il più bel ritrovo della città, è sempre movimentata e col variare delle ore varia il pubblico che la frequenta. Nelle belle serate primaverili, nei tiepidi autunni, quando la musica cittadina vi eseguisce il suo concerto e la illuminano le grandi lampade ad arco e fiotti di luce le vengono dagli edilìzi circostanti, dai porticati delle Procurat.ìe, splendidi per negozi, caffè, esercizi d'ogni fatta e la popola una folla varia, nella quale è facile fare la selezione fra i cittadini che si sentono come in casa loro ed i forestieri che ammirano estasiati, la piazza presenta tale spettacolo, nuovo, unico, fantasmagorico, che chi l'ha gustato una volta, vivesse mille anni, non può dimenticarlo.
Ad accrescere gaiezza a questo recinto, nelle ore della giornata, vengono gli sciami di colombi nidificanti a miriadi sopra e sotto i tetti, ed in tutte le sinuosità degli edifizi che attorniano la piazza, dalla Basilica d'oro alle Procuratìe, dalla torre dell'Orologio al palazzo Ducale, dal Campanile alle colonne della piazza. Questi colombi, ai quali si collegano tante leggende, sono rispettati ed amati dai cittadini; vivono del lascito di una nobildonna, la contessa Palocastro, vissuta nel secolo scorso, che destinò una somma perchè ogni giorno, alle 2 del pomeriggio, fossero buttate ai colombi di San Marco •alcune misure di veccia e grano: legato che viene scrupolosamente eseguito. Ogni giorno, suonando le 2, da una finestra delle Procuratìe vecchie viene gettato sulla piazza, già gremita dalle graziose bestiole, il mangime. Ma, dato il numero sempre crescente dei colombi, il lascito della zoofila contessa è certo insufficiente; ma supplisce la buona volontà dei cittadini e dei forestieri — di questi in ispecie — che, pel gusto di vedersi svolazzare intorno stormi di colombi, comprano, da chi fa questo commercio nei paraggi della piazza, cartine di grano o di veccia e ne getta il contenuto ai colombi.
Per lungo tempo fu dibattuta la quistione se i colombi di San Marco dovevansi considerare res nullius, proprietà di nessuno o di tutti, ma un recente deliberato della Cassazione stabiliva a favore del Comune di Venezia la proprietà dei colombi di San Marco.
Vista dal porticato occidentale la piazza dà all'occhio l'illusione d'essere un perfetto parallelogramma, il che non è. Essa è alquanto irregolare, misurando in lunghezza ai due lati 175 metri ed in larghezza, all'apertura davanti alla basilica, 82 metri e davanti al palazzo Reale, cioè verso il centro, 57 metri (fig. 51).
Il Campanile (fig. 52). — 11 più antico edifizio della piazza e quello che ne rompe, con singolare effetto, la linea simmetrica, è il campanile. Secondo alcuni cronisti furono gittate le fondamenta di questa bellissima torre nell'almo 888, secondo altri nel 911, differenza, in sostanza, non molta; ma sembra che, per cause rimaste ignote, i lavori non proseguissero di molto. Solo nel 1148. dogando Domenico Morosini, cominciarono ad elevarsi i muri, intorno ai quali si lavorò per quasi due secoli, sebbene al 1170 il fusto della torre fosse arrivato all'altezza della cella per le campane. Dei maestri murarii che hanno lavorato a quest'opera grandiosa non è rimasto che il nome di Nicolò liaratiere, lo stesso che innalzò le due colonne della Piazzetta, ed il quale operava intorno al USO, e di un Monta-gnano, che vi lavorò nel 1329, quando la torre aveva pressoché raggiunta l'altezza attuale. Nel 1489 un ful-
mine scaricatosi sul campanile ne danneggiò il pina-colo ed incendiò la cella colle armature delle campane. Fu deciso in appresso di riedificare di nuovo la parte danneggiata ed in modo più nobile e decoroso, affidandone 1 incarico a mastro Bartolomeo Buono, che cominciò i lavori nel 1510. Sei anni dopo l'opera fu compiuta e tutti lodarono la grandiosità ed insieme la semplicità dello stile trovato dal Buono, il quale seppe trovare l'armonica proporzione fra la canna preesistente e la cella ed il pinacolo da lui costrutti e che sono quelli che oggidì ancora si ammirano. Sul pinacolo maestro Buono ideò di collocare un angelo girevole a norma dei venti e questa statua, scolpita in legno e coperta di lamina di rame dorato, alta metri 5,53, fu innalzata sulla punta del campanile il 6 luglio 1513. I.a Cronaca di Jlarin Sanuto registra il fatto che fu cagione di pubbliche esultanze in Venezia cosi: In