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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Venezia
   (il
   .Nel secolo scorso e per cura dell'Istituto Veneto e del Comune furono collocati i busti degli illustri Veneziani di tutte le epoche.
   Scala d Oro. — Cosidetta per la profusione dell'irò negli stucchi e negli ornati dei quali è in ogni parte decorata. E a tre rampe. Ne fu architetto Antonio Scarpagnino, gli stucchi sono del Vittoria, gli affreschi di Giambattista Francia, iistaurati nel 1793 da Antonio Novelli. Le statue di lire ole coir Idra ed Atlante che regge il mondo, poste all'ingresso deila scala, sono di Tiziano Aspetti.
   Alla sommità della scala si entra in quella parte del palazzo che era adibita ai maggiori e più solenni uffici della Repubblica. Per la Scala d'oro potevano salire soltanto i nobili, gli ambasciatori, gli ufficiali pubblici ed i personaggi ragguardevoli stranieri. Questa parte superiore, magnifica e storica del palazzo è, partendosi dalla sommità della scala, così disposta:
   Attuo quadrato, — Soffitto ad intagli dorati con dipinto di Jacopo Tintoretto, rappresentante la
   Giustìzia che insieme a Venezia offre al doge Girolamo Priuli gli attribuii proprii, la spada e la bilancia. A destra liavvi la stanza che serviva d uilicio al savio della Scrittura.
   Cancelleria dicale superiore. — Nella quale ancora si conservano gli armadi ov'erano custodite le scritture e le carte di Stato.Gli armadi portano all'esterno dipinti gli stemmi ed 1 nomi dei grandi cancellieri che al delicato ufficio erano preposti. Da questa stanza, per scalétta e corridoi di disimpegno, si accedeva ai camerini del Consiglio dei X ; alla stanza dei capi dei X — con dipinti nel grandioso soffitto di Paolo Veronese, dello Zelotti e del Bozzato — alla retrostanza degli Inquisitori di Stato, dalla quale, per un'oscura scaletta interna, si saliva ai Piombi — camerette non sì anguste e basse come furono descritte da molti — presso al soffitto del palazzo, serventi come prigioni di Stato, in gran parte distrutti nel 1797 — ed ospite illustre d'una di quelle rimaste, durante l'eterno processo dei Carbonari, dal 1821 al 1823, fu Silvio Pellico, che